Emergenza sbarchi, Tajani: «Instabilità drammatica in Africa, l’Ue non basta: intervengano anche Onu e G20»
Il governo italiano cerca di trovare il bandolo della matassa di fronte agli sbarchi record cui da settimane devono far fronte i porti del Sud Italia, in primis quello di Lampedusa, l’isola che oggi ha dichiarato lo stato d’emergenza di fronte a una situazione fattasi insostenibile: quasi 7mila migranti stipati tra il molo e l’hotspot dopo decine di sbarchi al giorno. Dopo la denuncia di Matteo Salvini, che ha parlato di «un atto di guerra» dietro a ci sarebbe «una regia», a provare a ragionare con toni meno cruenti di come tamponare l’emergenza è l’altro vicepremier, Antonio Tajani. «La situazione potrebbe perfino peggiorare. O prendiamo il toro per le corna, o non ne usciamo», dice allarmato al Corriere il ministro degli Esteri. La soluzione numero 1, come detto e ridetto, sta certo in un cambio di passo dell’Ue, che mai come in queste ore – con lo stop all’accoglienza dei “dublinanti” in Francia e Germania – pare lontana («non possiamo essere lasciati soli», rinnova l’appello Tajani). Eppure nemmeno un intervento europeo è sufficiente per invertire la rotta di un fenomeno tanto esteso e profondo, ragiona il capo della Farnesina. «È un problema enorme, che interessa non solo quasi l’intera Africa ma anche l’afflusso dalla rotta balcanica. Per questo abbiamo coinvolto le Nazioni Unite e il G20, e abbiamo lavorato a una grande conferenza internazionale che deve essere l’avvio di un vero processo di stabilizzazione del Sahel».
I cambiamenti epocali dei flussi e quel Patto invecchiato
Ma dove sta la radice di questi nuovi flussi apparentemente inarrestabili? «Noi facciamo tutto quello che è umanamente possibile: i ministeri della Difesa, dell’Interno, il mio. Ma l’instabilità della regione sub-sahariana è drammatica», spiega Tajani: «da quei Paesi c’è una spinta verso il nord del continente, in particolare verso la Tunisia, per sbarcare in Italia, e poi una volta qui raggiungere altri Paesi. Ma l’accoglienza dei migranti irregolari pesa tutta sulle nostre spalle. Sono costi enormi». Quanto al quadro europeo, il suo appello sul piano delle regole Tajani l’ha fatto questa sera a Zapping, su Radio 1. Quello ripetuto ormai da anni da tutti i governi italiani, inascoltati dai partner: «Il patto di Dublino è un vecchio patto che non è più attuabile. Quando fu siglato (in origine nel 2003 dal secondo governo Berlusconi, ndr) c’era una situazione diversa in Siria e in Afghanistan: è cambiato il mondo, anche con la guerra in Ucraina, non possiamo pensare di regolare il mondo con regole vetuste, c’è una situazione completamente differente». Per questo, sprona Tajani, «oggi serve più coraggio, più forza, più determinazione». Una voce che giungerà oltre confine?
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