Elly Schlein al Festival di Open: «Servono leadership femministe. Io orgogliosa di essere di sinistra» – I video
Che in parte le critiche piovute addosso a Elly Schlein negli ultimi mesi siano legate al fatto che la leader dem sia una donna lo ammette lei stessa. «C’entra anche questo, non solo, ma anche questo» dice la segretaria del Pd ospite del Festival di Open a Parma, intervistata da Enrico Mentana. Eppure la strada iniziata dopo la vittoria delle primarie dem era già in salita: «Abbiamo messo in campo uno sforzo dopo una sconfitta molto dura – ammette Schlein – Il Pd è un partito che si è rimesso in campo ed è riuscito a determinare una partecipazione popolare», proprio con quelle primarie. E oggi «chi dava il Pd per morto, lo abbiamo smentito» rivendica la leader dem. Come all’opposizione, anche alla guida del governo è la prima volta di una donna alla Presidenza del Consiglio. E oggi nella politica italiana «abbiamo bisogno di leadership femminili. Ma soprattutto di una leadership femminista, che contrasti il patriarcato». E invece Giorgia Meloni, incalza la segretaria Pd, «è la prima presidente del Consiglio donna che indebolito le condizioni delle donne. Limitando “opzione donna” ha indebolito le pensioni femminili, poi ha indebolito la politica per i nidi. Non ce ne facciamo niente di una premier donna se non migliora le condizioni della donna. In questo chiediamo uno scatto un più a Giorgia Meloni».
Gli errori del passato
Sul passato del Pd e sulle ragioni delle sconfitte, Schlein prova a fare autocritica in viste delle prossime sfide: «Non mi fido di un partito in cui non vola una mosca. Non basta il cambiamento della testa del partito, se non c’è cambiamento e mobilitazione sul territorio». Se il Pd ha perso le elezioni è innanzitutto perché «ha mancato di essere vicino alle persone – spiega Schlein – ha mancato nell’avanzare proposte semplici come parlare di redistribuzione delle opportunità, delle ricchezze, dei saperi, del tempo delle persone». Per questo l’ultima estate «è stata militante: la lotta per la Sanità pubblica tocca dal vivo le persone, così come la battaglia sul salario minimo».
Il piano sull’immigrazione
Tra gli errori storici del Pd secondo Schlein c’è anche quella di non aver mai riformato davvero la legge Bossi-Fini, «con cui come Italia ci siamo incasinati da soli». E ora che il tema dell’immigrazione torna a imporsi ancora una volta come emergenza, la segretaria del Pd mette in chiaro la sua proposta: «Il nostro piano è semplice, è quello di partire dall’Unione Europea. Chiediamo di stracciare e riformare le ipocrite regole di Dublino e far valere un meccanismo di condivisione obbligatoria tra tutti i Paesi Ue, perché il meccanismo volontario non ha mai pagato». Una battaglia che secondo Schlein non viene neanche tentata da Meloni «perché non ha il coraggio di dirlo a Orban. Quando è andata in Polonia, ha detto che hanno ragione loro, contro gli interessi italiano. Sbagliano, perché non è tollerabile volere solo i benefici dell’Ue senza le responsabilità».
Radicale o di sinistra?
Nella scelta tra sentirsi più radicale o di sinistra, Schlein prova a rispondere con diplomazia: «Spero di riuscire a essere popolare nelle proposte che faccio». Ma poi rilancia: «Mi si accusa di avere portato il partito troppo a sinistra. Non so se io abbia questa colpa. E se sia una colpa. Il 70% degli italiani accetta la proposta del salario minimo. È una battaglia giusta come quella sulla salute pubblica, sulla scuola pubblica. Sono battaglie di sinistra. E io sono orgogliosa di essere di sinistra».
Ucraina
Sulla guerra in Ucraina, Schelin insiste che nel Pd «non si può perdere l’aspirazione della pace e della fine di quella guerra” in Ucraina, “come di tutte le altre guerre altrimenti non è più sinistra, non è più un partito progressista ed è per questo che io sono molto felice di un tentativo che io penso sia preziosissimo di Papa Francesco e quello del cardinale Zuppi di provare a costruire una via che sia quella che possa riportare finalmente la pace anzitutto per il popolo ucraino». Sulla sua posizione pacifista poi aggiunge: «Io non penso che possiamo permetterci di aspettare che cada l’ultimo fucile per batterci per la pace e soprattutto penso che serva una Unione Europea più forte. L’unione da questo punto di vista fa la forza e io credo che sia stata troppo assente nello sforzo diplomatico e politico per far finire questa guerra e non soltanto per sostenere giustamente il popolo ucraino».
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