Dipinto inedito di Raffaello, per Sgarbi è tutta una messa in scena: «Nessuna possibilità, è soltanto l’aspirazione del proprietario…»
Dimensioni della tavola di pioppo su cui appare una Maddalena, datazione presunta che risale al 1504 e un nome che ha fatto elettrizzare tutti gli appassionati di arte. Oggi, 17 settembre, a Pergola, in provincia di Pesaro-Urbino, è stato annunciato un nuovo dipinto di Raffaello, finora sconosciuto. Tuttavia, Vittorio Sgarbi, che oltre a essere sottosegretario alla Cultura è uno dei critici d’arte più accreditati in Italia, ha derubricato la scoperta a mero scoop giornalistico. «Nessuna possibilità che il dipinto propagandato come Raffaello, e annunciato a Pergola, città affettuosa, sia del maestro urbinate. È soltanto uno scoop giornalistico, dal momento che si basa su una conoscenza di pochi trattandosi di un’opera in collezione privata, con la legittima aspirazione del proprietario di possedere un Raffaello». Sgarbi ha motivato il suo scetticismo sostenendo che «già è bizzarra l’idea di una Maddalena con le sembianze della moglie del Perugino, come è sospetta la pur legittima propensione di alcuni studiosi a pronunciarsi soltanto su grandi nomi: Raffaello, Leonardo, Botticelli».
«Perugino basta e avanza. L’opera annunciata come Raffaello», ha proseguito, «è infatti una versione, forse autografa, di un prototipo di Perugino conservato a Palazzo Pitti, di cui si conosce un’altra versione alla Galleria Borghese. Difficile che nel 1504, quando, in contrasto con il suo Maestro nello “Sposalizio della Vergine” di Caen, Raffaello, con infinita grazia, dipinge il suo mirabile “Sposalizio”, ora a Brera, che è tanto più libero, nuovo e sciolto di quello del maestro, egli si applichi a fare una copia del Perugino, che in quel momento ha già lasciato alle spalle». L’argomentazione del sottosegretario alla Cultura è lunga: «Altrettanto impossibile è che il Perugino dipinga una copia di Raffaello. Al massimo, dunque, la nuova versione, di collezione privata, è una replica del Perugino. Di cui verificare l’autografia, rispetto a quella certa delle opere conservate nei musei, e di pubblico dominio», ha detto Sgarbi. Per poi concludere con un attacco alla proprietà del dipinto: «Il gioco del privato che possiede un’opera “più autentica” di quella di un museo è già stato tentato, per Raffaello, con l’autoritratto giovanile. Poi la febbre è passata. Ma è evidente che la proprietà privata, e la conoscenza dal vivo di soltanto alcuni studiosi, sono pregiudizievoli per il riconoscimento della autografia».