Il piano del governo per raddoppiare i Centri per i rimpatri con container ed ex caserme
L’attenzione del governo è inevitabilmente puntata sulla questione dell’immigrazione. Gli sbarchi in Italia dall’1 gennaio al 15 settembre sono stati 127.207, circa il doppio di quelli dell’anno precedente (66.237). Ma nel 2023 c’è stato anche un aumento di rimpatri rispetto al 2022, pari al 20%: sono passati da 2.663 a 3.193. Da settimane, scrive il Corriere della Sera, il governo è al lavoro per un deciso cambio di marcia nelle procedure di espulsione degli stranieri irregolari: sarebbe già pronta a entrare in servizio la prima struttura a moduli vicino a Maganuco, nella zona industriale fra Modica e Pozzallo (Ragusa), che ha 84 posti. E sarà utilizzata per i rimpatri veloci di chi non è in regola. Altri posti simili saranno costruiti nelle prossime settimane, o si convertiranno a questa funzione altri hotspot già esistenti, scrive il Corriere. E domani potrebbe essere una giornata decisiva in questo senso. Il Ministero della Difesa attende infatti dal Cdm l’incarico per la gestione degli irregolari, che potranno rimanere nel Paese per massimo un anno e mezzo, in attesa che venga definita la loro posizione. La vigilanza sarà affidata a polizia e carabinieri.
Il piano
Attualmente, ci sono dieci Cpr (Centri di permanenza per i rimpatri), con una capienza fra 50 e 200 posti: a Bari, Brindisi, Caltanissetta, Roma, Torino (ora chiuso, specifica il Corriere), Potenza, Trapani, Gorizia, Nuoro e Milano. L’obiettivo è raddoppiarli. E fornire a ogni Regione un suo Cpr, grazie alle procedure semplificate previste dal decreto Cutro e alle coperture finanziarie della legge di bilancio 2023. Nelle strutture dei Cpr saranno portati, per rimanere, gli stranieri irregolari con provvedimenti di respingimento o espulsione (esecutivi dopo la convalida del gip). E da lì, il loro destino sarà in mano del questore, che potrà disporne il trattenimento nelle strutture fino a che non arrivino la decisione del giudice, l’identificazione, l’ok del Paese in cui rimpatriarli (e qui giocheranno un ruolo chiave gli accordi tra i governi). Le misure non dovranno essere adottate (almeno fino all’esito della domanda) nei confronti di chi, invece, richiede la protezione internazionale. I tempi sono invece accelerati per chi proviene da luoghi «sicuri», come la Tunisia: la decisione sull’eventuale rimpatrio dovrebbe essere presa tra una e cinque settimane.
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