Costringeva la compagna a prostituirsi, condannato un poliziotto: «Devo ripianare i debiti»
Si erano conosciuti via chat, e il loro rapporto era diventato rapidamente intenso dopo che lei, una donna di 40 anni cittadina albanese, aveva confessato a lui, un poliziotto non più in servizio a Milano, che nei primi tempi in Italia era stata costretta a prostituirsi. L’uomo, dopo una settimana, confessa di amarla e di voler costruire un futuro con lei. Ma serve una casa, e per una casa servono soldi, di cui lui non dispone: racconta di avere debiti per 30mila euro, e chiede di aiutarlo ad appianarli. Facendola tornare sulla strada. Per una convivenza che, inoltre, non ci sarà mai: l’uomo è sposato e la sta ingannando per avere soldi. Questo è quanto ricostruito dai magistrati, e riportato da la Repubblica: la giudice Alessandra Clemente ha condannato l’uomo a un anno e dieci mesi per sfruttamento della prostituzione e al risarcimento di 25 mila euro alla vittima, difesa dall’avvocata Debora Piazza.
I fatti
La denuncia risale all’agosto 2018. Si erano conosciuti all’aprile dell’anno prima. Lei finisce in strada, su un marciapiede in zona Lorenteggio, da giugno a dicembre del 2017: «Mi fermavo solo la domenica», ha spiegato. I messaggi che lui le inviava parlano chiaro: «Domani ho da pagare 240 euro, dai vita mia, vedi di darti da fare oggi», le scrive per esempio. E ancora: «Se mi ami, saresti in grado di fare qualcosa per me così tolgo i debiti?». Una manipolazione andata avanti fino a che, all’inizio del 2018, la donna non scopre una foto di un uomo in compagnia di una donna che inizia a farla dubitare della sua sincerità. La coppia litiga, e l’uomo reagisce in modo inaspettato: le fa firmare una scrittura privata da un avvocato attraverso la quale «le parti» rinunciano a chiedere indietro le reciproche donazioni avvenute durante il rapporto. «Non capivo più niente, stavo male, volevo morire», racconta la donna durante il processo. Il cui esito non ha chiaramente soddisfatto gli affocati della difesa: «Leggeremo le motivazioni e faremo sicuramente appello, per noi la parte offesa non è credibile né sono attendibili i suoi racconti», dice Giuseppe Ciullo, difensore, con Ciro Perelli, del poliziotto.
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