Giorgetti contro l’aumento dei tassi della Bce: «Ha frenato l’economia, abbiamo 15 miliardi di euro in meno. Nuovo patto di stabilità entro Natale»
«L’obiettivo del 2 per cento dell’inflazione è di là da venire, ma che l’economia stia rallentando è un dato evidente: se era questo questo che volevano ottenere, ci sono brillantemente riusciti». Giancarlo Giorgetti, al convegno Le Buone Leggi. Semplificare per far ripartire l’Italia, ha criticato con forza la politica monetaria della Banca centrale europea. Negli ultimi 14 mesi, dal luglio 2022, la presidente Christine Lagarde per contenere l’inflazione, così come la Federal Reserve statunitense, ha portato avanti una strategia di rialzo dei tassi, arrivati ora al 4,50% sui rifinanziamenti principali, al 4% sui depositi e al 4,75% sui prestiti marginali. Ma secondo il ministro dell’Economia italiano, si è rivelato un fallimento: secondo Giorgetti l’inflazione è rimasta alta, mentre la crescita economia veniva frenata, «molto in Germania e abbastanza purtroppo anche da noi e negli altri paesi». «Se i tassi fossero rimasti quelli dell’anno scorso o di due anni fa avevo 14-15 miliardi in più da mettere sul fisco ma non ci sono più e si farà più fatica ma si fa», ha aggiunto il titolare di via XX settembre, «per chi è indebitato l’aumento dei tassi non è stato positivo noi abbiamo un debito per cui lo spread di tassi di interesse rispetto all’anno scorso fa sì che la manovra di bilancio sia stata portata via dalla rendita finanziaria».
Legge di bilancio
Con la fine dell’estate e l’avvicinarsi dell’ultimo quadrimestre dell’anno, il governo è chiamato a occuparsi ora della legge di bilancio. Una manovra che, come sempre accade, deve tenere conto allo stesso modo dell’equilibrio tra le forze della maggioranza e i dati dell’economia. Soprattutto, quelli sul debito e i paletti sul deficit. «Quando si fa una legge bilancio ci sono sempre richieste dei partiti e dei ministri ben al di là delle reali possibilità, poi però nel bilancio dello Stato a un certo punto si tira una linea e quella deve quadrare», ha detto il ministro, siccome a breve il Parlamento deve approvare il numeretto di deficit che sta sotto la linea che poi dobbiamo anche presentare in Europa, bisogna mettere un numero che sia ragionevole e che dimostri la volontà del Paese di tornare a una politica fiscale prudente che sia compatibile con il nostro livello di debito. «a me fa paura la valutazione dei mercati che comprano il nostro debito pubblico e dico ai ministri che rispetto il loro operato ma tutte le mattine ho il problema di vendere il nostro debito pubblico accattivamente per convincere la gente a comprarlo». E si è lasciato poi andare a una battuta: «Con la manovra? Siamo in alto mare. Ma aspettate una settimana, la prossima arriva la Nadef».
Patto di stabilità
Esigenze interne e accordi esterni si intersecano quest’anno con la trattativa in seno all’Unione europea per raggiungere l’accordo per il nuovo patto di stabilità. «Penso che un accordo si raggiungerà, se non a ottobre dopo Natale», ha spiegato Giorgetti, confermando le tempistiche annunciate dalle istituzioni europee. A preoccupare il ministro è cosa verrà calcolato per stabilire se un Paese sta rispettando o meno i requisiti. «Bisogna capire l’epoca in cui stiamo vivendo e non è più quella del Covid, però una guerra nel cuore dell’Europa c’è ancora e poi l’energia, l’immigrazione, il grano sono usate come armi per battaglie geopolitiche. Forse chi fa politica, queste situazioni le deve valutare», ha aggiunto, assicurando di rispettare l’indipendenza della Bce, «l’Italia chiede l’esclusione degli investimenti dal patto di stabilità e crescita perché l’introduzione di questa regola dal 2024 in avanti per un Paese come l’Italia, che ha 80 miliardi al minimo purtroppo in continuo aumento di superbonus da pagare sul debito nei prossimi 3-4 anni, e ha spese importantissime di investimento finanziate coi prestiti del Ngeu è matematicamente impossibile rispettare quella regola».