Inquinamento atmosferico, in Europa «è una crisi di salute pubblica». E in Italia ancora peggio – L’inchiesta del Guardian
Il 98% della popolazione europea respira aria tossica. È impietoso il quadro del Guardian in seguito a un’inchiesta sulla qualità dell’aria nel continente. Che a causa dell’inquinamento atmosferico si trova nel pieno di una «grave crisi di salute pubblica». L’analisi dei dati raccolti utilizzando una metodologia all’avanguardia – comprese immagini satellitari dettagliate e misurazioni da oltre 1.400 stazioni di monitoraggio a terra – rivela una situazione critica. Il 98% delle persone che vivono in aree con inquinamento da particolato fine altamente dannoso che supera le linee guida dell’Oms. Inoltre quasi due terzi degli europei vivono in aree in cui la qualità dell’aria è più del doppio delle linee guida dell’Oms. Ad avere la qualità peggiore del continente è la Macedonia del Nord, in un contesto in cui l’Europa dell’Est fa molto peggio di quella occidentale. Eccezion fatta, specifica il Guardian, per l’Italia.
Le cause e le conseguenze del particolato
Il traffico, l’industria, il riscaldamento domestico e l’agricoltura sono le principali fonti di PM2,5. L’impatto viene spesso avvertito in modo sproporzionato dalle comunità più povere. Secondo l’Oms, la concentrazione di queste particelle, prodotte principalmente della combustione dei carburanti fossili, non dovrebbe superare i 5 microgrammi al metro cubo. Ma solo il 2% delle popolazione vive in aree che rispettano questi standard. Il risultato? 400 mila morti premature ogni anno, oltre a milioni di casi di malattie non fatali. Una sfida per l’Ue, dove il Parlamento ha votato, la scorsa settimana, per allinearsi alle linee guida dell’Oms entro il 2035. Il particolato, grazie alle dimensioni ridottissime, passa dai polmoni al sangue e da lì in quasi ogni organo del nostro corpo. Dove può generare tumori, cancro, diabete, depressione e malattie cognitive.
L’aria tossica della Pianura Padana
Nella gran parte della Pianura Padana, la situazione è gravissima, con i livelli medi di particolato che si mantengono intorno al quadruplo rispetto al massimo consentito dall’Oms. Ad avere la peggio non sono solo i poli industriali di Torino e Milano, ma anche le aree rurali dove le polveri sottili si accumulano anche se vengono prodotte in altre città. In particolare quelle della Lombardia, poi, la qualità dell’aria è resa pessima dagli allevamenti intensivi di suini e pollame. In Italia, nel 2020, ci sono state oltre 50 mila morti per inquinamento atmosferico, con la concentrazione più alta a Cremona, dove sono stati registrati tra 150 e 200 decessi ogni 100 mila abitanti. La conformazione geografica della Valle del Po, chiusa su tre lati da catene montuose ed esposta alle correnti sulla breve costa adriatica, rende il problema più difficile da risolvere. «Sebbene noto da tempo, però, l’aspetto della mortalità tende ad essere nascosto sotto il tappeto», ha commentato Giovanni Pirotta, di Legambiente Cremona.
Miglioramenti lenti
«Sebbene le iniziative locali come le piste ciclabili e le restrizioni sui veicoli che emettono inquinamento abbiano contribuito in qualche modo a combattere lo smog nella Pianura Padana, le autorità esitano a intraprendere azioni più forti poiché ciò comporterebbe un costo economico. Se sappiamo che la principale fonte di inquinanti sono le automobili, allora perché non si interviene forte sulla mobilità sostenibile?», dichiara Michele Arisi, degli Stati generali Clima Ambiente e Salute, associazione ambientalista cremonese. E aggiunge: «Anche se a Cremona si vedono molte biciclette, è anche la città con uno dei più alti rapporti di auto per cittadino».
Una crisi di salute pubblica
Si tratta di una grave crisi di salute pubblica, ha spiegato al quotidiano britannico Roel Vermeulen, professore di epidemiologia ambientale all’Università di Utrecht. Un problema particolarmente sentito per le fasce sociali più povere e svantaggiate. Che statisticamente tendono a vivere in zone dove la concentrazione del particolato è maggiore, ha evidenziato Barbara Hoffmann, professoressa di epidemiologia ambientale all’Università di Düsseldorf. I dati sono stati compilati da accademici dell’Università di Utrecht nei Paesi Bassi e dello Swiss Tropical and Public Health Institute nell’ambito del progetto Expanse, finanziato dall’UE. Hanno utilizzato una combinazione di fonti. Dai dati satellitari ad alta risoluzione alle stazioni di monitoraggio dell’inquinamento e informazioni sull’uso del suolo. Per modellare i livelli medi annuali di PM2,5 in tutta Europa nel 2019. I risultati ottenuti sono tra i più precisi mai avuti per l’Europa.
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