I traumi, le mani legate, la saponificazione: cosa sappiamo del cadavere appeso al guard-rail a Trieste
Il cadavere ritrovato appeso a un guard-rail lungo la Grande Viabilità di Trieste sarebbe quello di un senzatetto di origine iraniana di circa 60 anni. Sul cadavere, contrariamente a quanto riportato all’inizio, non c’erano segni di tortura. Ma sulla testa erano presenti tagli da trauma e un segno circolare che potrebbe essere di una bruciatura o una tumefazione. L’ipotesi dell’omicidio con pestaggio, però, non è certa. Perché anche se il cadavere aveva mani e piedi legati, sul tavolo c’è anche quella del suicidio. Anche se far ritrovare il corpo così potrebbe costituire un segnale, secondo gli investigatori. Come un avvertimento ad altri. L’uomo indossava scarpe nere, pantaloni e camicia cachi. Aveva una maglietta nera con la scritta “Live to ride“. E alcuni fogli, scritti in italiano e in una lingua mediorientale.
Le ipotesi
La pm di turno Maddalena Chergia non esclude per ora nessuna ipotesi. La Stampa scrive che l’uomo, nell’ottica del suicidio, avrebbe potuto legarsi da sé mani e piedi con il nastro adesivo. Vicino al guard rail sono stati trovati pezzi di scotch. Forse un assassino li avrebbe tolti, per evitare di lasciare segni della sua presenza. Le mani, tra l’altro, erano legate ma non bloccate. Lo spazio di movimento era sufficiente per infilarsi una corda al collo. La salma presentava anche tracce di saponificazione. Dovuta all’umidità e alla pioggia. Le telecamere lungo la Gvt potranno raccontare altro. I militari del Comando di Trieste potrebbero aver già ascoltato alcune testi. L’attività di escussione comunque proseguirà nelle prossime ore, quando, in aggiunta, dovrebbe cominciare anche la visione dei filmati delle telecamere di sorveglianza della zona.
Una esecuzione brutale
Il Quotidiano Nazionale invece ipotizza una resa dei conti di stampo mafioso. E segnala la possibilità di una partita di droga non pagata oppure a scontri tra criminali di nazionalità slava. Le organizzazioni che usano la tratta della Rotta balcanica sono tante. L’ex comandante dei Ris Luciano Garofalo dice al quotidiano che quel corpo è un messaggio: «Se è stato un omicidio, è una modalità che mira anche all’umiliazione della vittima. Ma qui mi fermo. Anche perché non mi voglio avventurare su un terreno che non è di mia competenza. Spero e voglio essere sicuro che sia stata svolta un’attività di recupero completa, su quella scena. Non solo del cadavere ma anche di tutti gli altri elementi indispensabili per arrivare a decifrare la storia».
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