Usa, la storia di Ruby Franke: la mamma Youtuber mormone arrestata per maltrattamenti sui figli
Continuano a emergere nuove rivelazioni sulla storia di Ruby Franke. La mamma di 41 anni, arrestata il mese scorso negli Stati Uniti, per aver abusato dei suoi sei figli davanti agli occhi di 2,5 milioni di follower che la seguivano sulla piattaforma web. Franke gestiva, infatti, il canale 8 Passengers (ora chiuso) insieme al marito ingegnere e alla sua socia, terapeuta 54enne Jodi Hildebrandt, anche lei arrestata con l’accusa di maltrattamento di minori. La 41enne non esitava a pubblicare sul canale i suoi controversi metodi “educativi” che comprendevano, tra le altre cose, polsi e caviglie bloccate con nastro adesivo, ferite curate con peperoncino e miele, sonno e cibo negati.
La fine della lunga storia di abusi
E ancora: flessioni, saltare la scuola per pulire il pavimento quando i figli si comportavano male, negare loro i regali di Natale o addirittura togliere il letto al figlio maggiore per ben sette mesi o spedire l’adolescente per due mesi e mezzo in una campo di rieducazione comportamentale nel mezzo del deserto per «sviluppare più maturità». La lunga storia di abusi e molestie si è conclusa grazie alla denuncia del figlio 12enne. Il ragazzo, che è riuscito a liberarsi, è infatti scappato da una finestra e ha chiesto ad un vicino acqua e cibo: il vicino, insospettito dal nastro adesivo ancora attorno alle caviglie e ai polsi del bambino, ha chiamato la polizia.
Il rapporto con i follower
Il canale YouTube era stato creato nel 2015. Contava circa 2,5 milioni di follower e raccontava la quotidianità della famiglia mormone di classe media dello Utah. Così i follower hanno visto crescere quei bambini: come hanno imparato ad usare il vasino, la prima rasatura, persino le prime mestruazioni di Shari, la figlia maggiore che, in un post su Instagram, ha fatto sapere di essere finalmente libera. Finally, il suo messaggio sui social il 30 agosto scorso, quando la polizia ha arrestato sua madre. L’incubo però poteva finire molto prima se le autorità locali non avessero chiuso il caso per «insufficienza di prove» dopo le segnalazioni di molti utenti e una petizione per allertare i servizi sociali.
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