Entra in psichiatria, muore per «infarto». La famiglia denuncia: «Ha naso e zigomi fratturati». Indagati due infermieri
Sono due gli indagati per la morte di Bruno Modenese, il 45enne di Pellestrina – l’isola della Laguna Veneta – morto all’ospedale Civile di Venezia dopo essere entrato nel reparto di Psichiatria di sua spontanea volontà. Si tratta di due infermieri, di 29 (e non 19 come è emerso inizialmente) e 45 anni, entrambi residenti nel Veneziano. L’ipotesi di reato nei loro confronti è omicidio preterintenzionale. Accusa, questa, che parrebbe validare l’ipotesi che qualcuno lo abbia picchiato. La morte di Modenese, infatti, è ancora un mistero: ricoverato con il suo consenso il 16 settembre scorso perché si sentiva confuso, il 45enne – che aveva problemi psichici (era invalido civile al 100 per cento) ed era seguito dal Centro di salute mentale dell’Usl 3 – è deceduto 3 giorni dopo per «arresto cardiaco».
Questa almeno la prima diagnosi dell’azienda sanitaria. Ma i familiari – che hanno fin da subito contestato il giudizio ospedaliero – hanno potuto vedere Modenese, trovandolo con naso e zigomi fratturati e un edema cerebrale. «Ci hanno detto che poteva essere caduto in bagno, ma come può una persona inciampare, rompersi tutta la faccia e avere la testa piena di sangue?», dice il fratello Emanuele a Repubblica. «Bruno – continua – era una persona buona e socievole, però a volte era pieno di pensieri. Lui stesso aveva deciso di farsi ricoverare perché non dormiva da giorni, ma è salito in ambulanza con le sue gambe». Nel frattempo l’ospedale SS. Giovanni e Paolo di Venezia ha aperto un’inchiesta interna per fare chiarezza sull’accaduto. Martedì, inoltre, la pm Daniela Moroni – che ha iscritto nel registro degli indagati i due infermieri – ha conferito l’incarico di eseguire l’autopsia alla medico legale Barbara Bonvicini e allo specialista maxillofacciale Guido Bissolotti per fare luce sulla vicenda.
Il racconto del fratello
Il 45enne era un ex pescatore e viveva con la famiglia. Era stato ricoverato soltanto una volta 19 anni prima. Sabato 16 settembre, Modenese «aveva però detto ai miei genitori – racconta il fratello alla giornalista di Repubblica – che si sentiva molto confuso e siccome non dormiva da tanti giorni mio padre si è preoccupato e ha pensato che era meglio se veniva ricoverato». Quindi, la chiamata ai medici che si sono recati nell’abitazione insieme al maresciallo di Pellestrina (la prassi prevede la presenza di un carabiniere quando viene eseguito un ricovero coatto). «A quel punto – continua Emanuele – si era tranquillizzato e lui stesso aveva deciso che era meglio se si faceva ricoverare. Quindi è andato con le sue gambe e con il suo consenso».
L’arrivo in ospedale, la rianimazione e l’elettroencefalogramma piatto
Il giorno dopo del ricovero in ospedale dell’ex pescatore – domenica, 17 settembre – il padre di Modenese parte da Pellestrina per portargli una borsa con dei vestiti di ricambio e delle sigarette, ma quando arriva nel capoluogo veneto gli impediscono di vedere il figlio. «Sembrava che stesse dormendo e siccome era insonne da giorni, mio padre ha pensato che stava recuperando le ore di sonno ed è tornato a casa», spiega il fratello. Verso mezzogiorno dello stesso giorno, il personale dell’ospedale spiega invece ai familiari che aveva deciso di intubare il 45enne poiché respirava male. «Poi alla sera – racconta ancora il fratello di Modenese – ci hanno detto che era peggiorato e che lo avevano portato in rianimazione. La situazione era molto critica, ma non potevamo vederlo». A quel punto, i due fratelli decidono di recarsi in ospedale, dove scoprono, infine, che Bruno ha l’elettroencefalogramma piatto e che ormai è morto, ma non sanno ancora nulla delle fratture al volto. I medici spiegano che ha delle contusioni, probabilmente perché è caduto in bagno e i fratelli esigono la cartella clinica. «È entrato con le sue gambe e di sua spontanea volontà, senza un graffio ed è morto con la testa spaccata. Vogliamo sapere la verità», conclude Emanuele Modenese.
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