I terremoti quotidiani a Napoli: lo sciame sismico dei Campi Flegrei, l’eruzione del supervulcano e la minaccia a «un’intera società»
Lo sciame sismico dei Campi Flegrei sembra aver concesso una tregua. Stanotte, 28 settembre, nessuna scossa di terremoto è stata registrata dai sismografi dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Quella di ieri invece, di magnitudo 4.2, è stata la più forte degli ultimi 40 anni. E sempre l’Ingv ha fatto sapere che il terreno in zona ormai si alza di un centimetro e mezzo al mese. Nell’ultima settimana i terremoti registrati sono stati 250. Il presidente dell’istituto Carlo Doglioni ha spiegato che «possiamo aspettarci ancora nuovi eventi e anche una crescita in termine di magnitudo. I terremoti stanno, infatti, aumentando sia in termini di energia che di numero». Lo sciame sismico dei Campi Flegrei è in azione anche oggi. Ma gli esperti sono divisi sui rischi per i residenti. Mentre il vulcanologo Giuseppe De Natale propone l’evacuazione totale dell’area di Agnano-Solfatara. Altri dicono che non c’è pericolo.
Il pericolo cedimento o collasso degli edifici
De Natale, ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano, spiega oggi al Corriere della Sera che il rischio più grande nella zona è quello del cedimento o del collasso degli edifici più vicini all’epicentro delle scosse. Il vulcanologo sostiene che proprio il sollevamento del suolo può aumentare la potenza del terremoto. In una Pec inviata al comune di Napoli De Natale ha indicato come accorgimento minimo e immediato quello dell’evacuazione della zona in cui si generano le scosse più forti. De Natale fa riferimento ai risultati di alcuni suoi studi «in base ai quali le scosse nei Campi Flegrei sono destinate ad aumentare sia per numero che per intensità». Ecco perché sarebbe necessaria «una verifica a tappeto sugli edifici in un’area di 20 chilometri, a partire da quelli strategici (scuole, ospedali, uffici pubblici)». Con terremoti più forti, afferma il ricercatore, «si rischia seriamente il collasso degli edifici più vulnerabili».
Il supervulcano dei Campi Flegrei
Il geologo Mario Tozzi invece spiega oggi su La Stampa che I Campi Flegrei sono un sistema composto da una trentina di vulcani, formatosi circa 60.000 anni fa per collasso dopo un’incredibile eruzione di circa 80 km cubici di magma. A cui si susseguiranno altre eruzioni parossistiche come quella che ha generato il Tufo Giallo napoletano, prodotto circa 15.000 anni fa in quella che viene considerata l’eruzione più violenta di tutto il Mediterraneo. Nel 1538 in zona nacque un vulcano chiamato Monte Nuovo che ancora si trova lì. Con un’eruzione, spiega l’esperto, bisognerebbe evacuare mezzo milione di persone. L’eruzione, in linea teorica, sarebbe in grado di cancellare «un’intera società». Tozzi spiega anche che non c’è un collegamento diretto fra il Vesuvio e i Campi Flegrei. Anche se la fonte profonda dei due complessi vulcanici potrebbe essere comune, a oltre 10 km di profondità. Ovvero la camera magmatica che alimenta questi ultimi dovrebbe essere ubicata sotto la città di Pozzuoli, a circa 4 km di profondità. Anche se, forse, è solo quella più superficiale. Perciò è difficile prevedere dove avverrà esattamente la prossima eruzione. I terremoti ai Campi Flegrei sono causati da un fenomeno detto bradisismo. Il sollevamento del suolo è cominciato nel 1983-84, quando si sono verificati 16 mila piccoli terremoti in due anni.
Prevedere nuovi terremoti?
Il geologo aggiunge anche che dal 1982 al 1984 si è verificata l’ultima crisi di sollevamento (circa due metri), accompagnata da circa 10 mila piccoli terremoti. All’epoca costrinse addirittura all’evacuazione di 40 mila abitanti. Dal 2005 il suolo è di nuovo in sollevamento fino a circa 70 cm. Negli ultimi 5 mila anni sono state almeno 27. Intanto Mauro Di Vito, direttore dell’Osservatorio Vesuviano Ingv, ha risposto ieri all’AdnKronos alla domanda delle domande: «Se potranno avvenire altri terremoti? È una previsione che non possiamo fare, ma tenuto conto dell’attuale fase deformativa molto intensa, ci aspettiamo che avvengano altre scosse anche di magnitudo uguale o maggiore a questa, anche se non molto più grande considerato il tipo di roccia presente in questo vulcano. Sono però terremoti molto superficiali e questo, anche per magnitudo medio-piccole, può generare una facile avvertibilità degli eventi, come è stato per quest’ultimo avvertito nella notte».
«Il vulcano è tappato»
Giovanni Macedonio, geofisico dell’Osservatorio vesuviano dell’Ingv, dice invece oggi a Repubblica che il vulcano è tappato. «Il rischio di eruzione è relativamente basso. L’ultima risale al 1538. Il Vesuvio invece, che ha eruttato nel 1944, resta nella memoria». Ma lo sciame sismico dipende dal terreno. Che «si sta sollevando e in genere una deformazione del suolo è accompagnata da scosse. Il sollevamento sta accelerando: 5-6 anni fa era di 7-8 millimetri al mese, oggi arriva a 15 nel Rione Terra di Pozzuoli». Ed è «l’effetto della presenza del magma in profondità. Come un fuoco sotto alla pentola, il magma fa risalire in superficie gas ad alta temperatura che riscalda le rocce e causa sia il rigonfiamento che le scosse». Macedonio aggiunge che il monitoraggio dei Campi Flegrei è strettissimo: «Con satelliti e gps notiamo anche minime deformazioni del suolo. Misuriamo temperatura e composizione dell’acqua e del gas che fuoriescono dal terreno, e non notiamo alterazioni da una decina di anni. Se lo scenario dovesse cambiare e il vulcano entrasse in crisi, molto probabilmente ce ne accorgeremmo. Campi Flegrei e Vesuvio, a differenza di Etna e Stromboli, hanno il condotto lavico tappato, coperto da strati di roccia. Questo rende meno improvvisa un’eventuale eruzione. Avremmo probabilmente qualche giorno per dare l’allarme».
I piani di evacuazione
Il quotidiano aggiunge che i piani di evacuazione riguardano il rischio eruzione. Per i terremoti, che sono difficilmente prevedibili, dal 2003 una direttiva lascia anzitutto ai proprietari il compito di verificare la staticità e la sicurezza delle abitazioni e la loro compatibilità con la normativa. Ma in territori dove l’abusivismo è diffuso nessun monitoraggio sarà mai essere fedele fino in fondo. Il Vesuvio invece dorme, e in questo momento il livello di allerta è fermo al gradino “base”. Non si registrano «variazioni significative dei parametri». L’area interessata è però molto ampia: parlia#mo una popolazione di 670mila abitanti, spalmati su 25 Comuni solo nella “zona rossa”. Ma sono ben 63 quelli nella zona di rischio inferiore, “gialla”. Il piano di evacuazione ricalca quello dei Campi Flegrei e l’aggiornamento con delibera regionale è del 2017. L’ultima esercitazione, però, risale al 2006. Il direttore dell’Ingv Carlo Doglioni nell’audizione davanti alla Commissione Ambiente della Camera ha detto che nei Campi Flegrei «è in corso anche oggi un altro sciame sismico». E ha aggiunto che in questo momento è impossibile prevedere quanto potrà durare l’attuale crisi di bradisismo. L’Ingv, ha detto ancora Doglioni, «è in prima linea» e «sta facendo il possibile per monitorare quanto sta accadendo».
Due scenari
Doglioni ha anche detto che sono due gli scenari possibili di evoluzione per i Campi Flegrei. Quello migliore è che la crisi di bradisismo in corso termini come era accaduto per quella del 1983-84. Quello peggiore è un’eruzione simile a quella del 1538. «Lo scenario meno critico è una situazione analoga alla crisi del 1982-84», ovvero una crisi bradisismica che «è durata 2 anni poi si è fermata». Mentre «al momento lo scenario più critico è un’eruzione come quella del Monte Nuovo», del 1538, la più recente delle oltre70 eruzioni esplosive avvenute nei Campi Flegrei. Un evento molto diverso da quello avvenuto 39 mila anni fa, quando l’eruzione liberò oltre 400 metri cubi di materiale. Nel caso di un’eruzione, ha aggiunto il presidente dell’Ingv, «non sappiamo né quando né dove, potrebbe avvenire e, per quanto piccola, provocherebbe un disagio sociale». In ogni caso «è impossibile pensare che i Campi Flegrei si spengano perché sono un vulcano attivo».
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