La Russia ha aggirato le sanzioni portando su il prezzo del petrolio. Ma per Vladimir Putin è stato un boomerang: vola l’inflazione a Mosca e dintorni
La Russia di Vladimir Putin è riuscita in gran parte ad eludere le sanzioni sul petrolio e il price cap a 60 dollari al barile e insieme all’Arabia Saudita sta portando il prezzo del barile a sfiorare i 100 dollari provocando una nuova fiammata dell’inflazione a livello internazionale. La mossa però sta rivelandosi un boomerang per Putin, perché l’inflazione rischia di travolgere prima di tutto i russi, come spiega con efficacia l’ultimo rapporto pubblicato dalla governatrice della banca centrale di Russia, Elvira Nabiullina. In un ampio servizio del 25 settembre scorso il Financial Times ha raccontato come «quasi tre quarti dei flussi di greggio russo via mare hanno viaggiato senza assicurazione occidentale, una leva utilizzata per fare rispettare il tetto di prezzo del petrolio di 60 dollari al barile imposto dal G7. Mosca sta diventando più abile nell’aggirare il limite massimo, consentendole di vendere più petrolio a prezzi più vicini a quelli del mercato internazionale». Quindi seguendo quella corsa al rialzo provocata dalle scelte dell’Arabia Saudita e di molti paesi produttori, che provocano così una nuova fiammata dell’inflazione.
L’inflazione in Russia è ufficialmente al 5,2% secondo il dato di agosto con un target al 4% da realizzare entro la fine del 2024. Ma la Nabiullina, che è economista non sempre sdraiata sulla ragione di Stato, sa che la verità è un’altra. E nell’ultima settimana di settembre l’ha pure divulgata dando alle stampe il rapporto della Banca di Russia sulla inflazione attesa dalla popolazione e dalla imprese (che spesso con il loro sentiment anticipano il prossimo rialzo dei prezzi che hanno già in mente di fare).
Il rapporto svela che la percezione dei russi sul caro prezzi è ben diverso dai numeri ufficiali: «La stima mediana dell’inflazione», scrive Banca di Russia, «attesa dalla popolazione nei prossimi 12 mesi, secondo il sondaggio della LLC “InFOM”, a settembre è salita all’11,7%». Il rapporto poi spiega che «a settembre è aumentata la preoccupazione degli intervistati per la crescita dei prezzi della maggior parte dei beni inclusi nel questionario. Gli intervistati hanno segnalato un forte aumento dei prezzi della benzina, della carne e del pollame. La preoccupazione degli intervistati per la crescita dei prezzi di questi beni ha raggiunto il massimo dell’anno. Un po’ meno frequentemente rispetto al mese precedente, gli intervistati hanno segnalato un aumento dei prezzi delle abitazioni e dei servizi comunali, del sale e dello zucchero».
Per quanto riguarda le 11mila imprese campione della rilevazione «le aspettative sui prezzi sono aumentate nella maggior parte dei settori. I motivi principali, come nel mese precedente, sono stati l’indebolimento del rublo e la crescita dei costi, tra cui l’aumento del prezzo di carburanti e lubrificanti e la crescita dei salari in condizioni di carenza di personale». Ecco il boomerang del petrolio, che incide pure su singoli settori: «Nel settore del commercio, le aspettative di prezzo hanno continuato a crescere sia nel segmento del commercio all’ingrosso che in quello al dettaglio (ad eccezione del commercio di automobili), rimanendo le più alte tra tutti i settori. Il tasso medio di crescita dei prezzi previsto dai dettaglianti nei prossimi tre mesi è stato del 14,4% in termini annuali».
Che può fare la Nabiullina davanti a questa attesa di alta inflazione? La stessa cosa che ha fatto Christine Lagarde alla guida della Bce: tornare ad usare il rialzo dei tassi. E infatti il rapporto si conclude con questa previsione: «Secondo le previsioni della Banca di Russia, il tasso di inflazione annuale continuerà ad aumentare nei prossimi mesi. I bassi valori degli aumenti mensili dei prezzi nell’autunno 2022 continueranno a essere esclusi dal calcolo. Negli ultimi mesi si sono concretizzati significativi rischi pro inflazione: la crescita della domanda interna superiore alle possibilità di espansione della produzione e l’indebolimento del rublo. In queste condizioni, era necessario un aumento del tasso di riferimento per limitare l’entità della deviazione dell’inflazione dall’obiettivo e il suo ritorno al 4% nel 2024. Secondo le previsioni della Banca di Russia, l’inflazione annuale si attesterà al 6,0-7,0% nel 2023. In base alla politica monetaria in corso, tornerà al 4% nel 2024 e rimarrà in seguito a questo livello target».
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