Il tribunale di Catania libera 4 migranti del centro di Pozzallo: «Il decreto del governo è illegittimo». Il Viminale annuncia ricorso
Il tribunale di Catania sconfessa il recente decreto approvato – tra non poche polemiche – dal governo Meloni che prevede la possibilità per i migranti, provenienti dai paesi considerati «sicuri», di versare poco meno di 5mila euro di cauzione per evitare di essere trattenuti in centri dedicati. Tacciando il provvedimento di illegittimità e contrasto con la normativa europea, i magistrati siciliani hanno accolto il ricorso di una persona migrante, di origini tunisine, sbarcata il 20 settembre a Lampedusa e portata nel nuovo centro di Pozzallo, aperto solo cinque giorni fa nel Ragusano, e ha disposto la sua liberazione. A seguire, sulla stessa scia, sono stati dichiarati illegittimi i trattenimenti di altre tre persone con la stessa condizione giuridica. È questo l’esito delle prime udienze di convalida dei richiedenti asilo trattenuti nel centro e che – stando a quanto si apprende dagli avvocati – si applica in tutto a 3 migranti che erano stati portati a Pozzallo. Mentre per un quarto il provvedimento non è stato esaminato perché il richiedente asilo ha rinunciato alla domanda. Intanto, il Ministro dell’Interno ha già fatto sapere che presenterà ricorso contro la decisione di Catania, così da far valutare la fondatezza dei richiami giuridici ad un altro giudice.
Le motivazioni della sentenza
Illegittimo e in contrasto con la normativa europea. Con queste motivazioni il tribunale di Catania ha bollato il decreto del governo. Fonti legali fanno sapere che la parte contestata principalmente dai magistrati è proprio la nuova procedura di trattenimento e la cauzione di 4.938 euro da pagare per non finire nel centro. Secondo i giudici, l’illegittimità si presenta alla luce della sua incompatibilità con il diritto comunitario – nello specifico della direttiva Ue 2013, più conosciuta come «direttiva accoglienza» – e della Costituzione italiana. «Il richiedente non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda e il trattenimento deve essere una misura eccezionale e limitativa della libertà personale ex art. 13 della Costituzione», è una delle argomentazioni.
Valutare caso per caso e la questione dei «Paesi sicuri»
L’Associazione per gli Studi Giuridici spiega, infatti, che «trattenere chi chiede protezione senza effettuare una valutazione su base individuale e chiedendo una garanzia economica – da versare in un’unica soluzione con fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa e precludendo la possibilità che sia versata da terzi – come alternativa alla detenzione è illegittimo perché incompatibile con gli articoli 8 e 9 della direttiva 2013/33». Nei giorni scorsi un tentativo di far chiarezza sul tema da parte del Viminale era stata la precisazione che i quasi 5mila euro non si riferivano alle persone trattenute nei Cpr, ma alle nuove strutture di trattenimento dei richiedenti asilo (come quella di Pozzallo) provenienti da «Paesi sicuri». Secondo i giudici di Catania, però, va escluso – alla luce di principi della Costituzione – che la sola provenienza del richiedente asilo da un Paese sicuro «possa automaticamente privargli di fare ingresso nel territorio italiano per richiedere protezione internazionale».
Il contrasto (e la confusione) con la normativa Ue
La parte riguardante il contrasto con la normativa europea si rivela centrale se si considera che, nei giorni scorsi, il ministro degli Interni Matteo Piantedosi aveva tentato di correre ai ripari dalle critiche sostenendo che il decreto è stato introdotto semplicemente con un emendamento del governo che recepisce proprio la direttiva europea del 2013. Successivamente, però, la stessa Commissione Europea aveva smentito questa versione dichiarando che la cauzione di 4.938 euro non è in linea con le indicazioni dell’Europa perché non rispetta due principi fondamentali: quello della proporzionalità (non può esserci un importo standard uguale per tutti) e quello delle decisioni da prendere «caso per caso».
La rabbia di FdI: «Sentenza ideologica». Anm replica
La scelta del tribunale di Catania non va proprio giù a Fratelli d’Italia. La deputata di FdI responsabile del Dipartimento immigrazione, Sara Kelany, taccia la sentenza dei magistrati siciliani come vittima di «decisioni ideologiche e politiche» e ci tiene a ribadire che la normativa europea consentirebbe «l’attivazione di queste procedure secondo i criteri che sono stati pedissequamente rispettati dalla normativa italiana». E aggiunge: «Mentre il Governo lavora per fermare l’immigrazione illegale di massa e la tratta di esseri umani, una parte della magistratura ideologizzata fa di tutto per ostacolarlo». Accuse che il presidente dell’Anm – Associazione Nazionale Magistrati – rigetta del tutto. «È la democrazia», replica a FdI. «Noi non partecipiamo all’indirizzo politico e governativo, facciamo giurisdizione. È fisiologico che ci possano essere provvedimenti dei giudici che vanno contro alcuni progetti e programmi di governo. E – chiosa – questo non deve essere vissuto come una interferenza».
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