Gli occhi del fisco italiano e francese sull’eredità di Leonardo Del Vecchio: Essilux nel mirino di Parigi
L’imprenditore Leonardo Del Vecchio è morto nel giugno 2022 a 87 anni. Nel suo testamento le quote della finanziaria Delfin, che custodisce l’impero del dominus di Luxottica, sono state ripartite equamente tra la moglie e i figli. Il giovane manager Rocco Basilio è stato designato come ottavo erede. Francesco Milleri ha ricevuto la carica di presidente della finanziaria. Mentre le ville sono andate alla moglie e ai manager è arrivato un compenso di 340 mila euro. Ma a quanto pare la partita non è finita lì. Il Giornale fa sapere oggi che a un anno abbondante dalla sua scomparsa gli otto eredi non hanno ancora chiuso il testamento, dove c’è da dividersi una ricchezza di 4 miliardi di euro. E intanto il fisco in Italia e in Francia ha avviato indagini sulla galassia di proprietà.
La residenza
Con un faro puntato in particolare sull’ultima residenza di Del Vecchio. Nell’ipotesi che non fosse Montecarlo come si è sempre pensato, bensì Beaulieu-Sur-Mer, in terra di Francia. Se mai ciò fosse provato, sarebbe per gli eredi una catastrofe capace di trascinare nel gorgo la stessa EssiLux, che a causa delle rilevanti tasse di successione (in Francia per alcuni beni si arriva al 60%) finirebbe fatalmente sotto il controllo di Parigi. La questione in Francia parte dall’acquisizione di EssiLor. Che ha consentito di creare un colosso, EssiLux, che oggi vale 75 miliardi di euro. L’imprenditore aveva studiato una governance in grado di sopravvivergli. In cui le quote paritetiche del management e della famiglia sono entrambe necessarie per prendere le decisioni strategiche. Ma intanto Luca, Clemente e Paola Del Vecchio, tre figli del fondatore, si sono schierati contro Milleri. Che adesso viene definito traballante.
La famiglia
A fianco dei tre figli, spiega ancora il quotidiano, si muovono professionisti come l’avvocato Vincenzo Mariconda. Da parte loro potrebbe esserci il desiderio di rendere immediatamente liquida l’eredità del fondatore. E c’è chi dice che il loro obiettivo sarebbe la distribuzione proporzionale delle quote custodite nella cassaforte di Delfin. Allo scopo di monetizzarle. Magari partendo dalle azioni di Mediobanca e di Generale. Che insieme valgono almeno 5 miliardi. E che invece nei piani del management potevano costituire la base per una scalata alle casseforti del capitalismo italiano.