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Un ricercatore italiano rischia il licenziamento perché si rifiuta di prendere un aereo per tornare al lavoro

Gianluca Grimalda, ricercatore in dell'istituto tedesco Kiel, da sei mesi è in Papua Nuova Guinea per studiare l'impatto del cambiamento climatico sulla popolazione. Il viaggio di ritorno senza voli durerebbe due mesi. Per l'azienda doveva già essere in ufficio

Gianluca Grimalda, climatologo del Kiel Institute for the World Economy, sarebbe dovuto rientrare in Germania il 10 settembre dopo la conclusione a luglio del suo lavoro di ricerca in Papua Nuova Guinea: l’impatto dei cambiamenti climatici sulla popolazione del luogo. Ma per diversi motivi ha dovuto ritardare il viaggio di ritorno e venerdì scorso gli è arrivata una mail dell’istituto tedesco che gli intimava di essere lunedì alla sua scrivania. Una richiesta impossibile da soddisfare perché Grimalda aveva già previsto di non salire su alcun aereo per ridurre la sua impronta di carbonio, ovvero le emissioni di gas serra in seguito all’utilizzo in questo caso dei voli. Un viaggio che durerà due mesi e che aveva già compiuto a febbraio per arrivare in Papua Nuova Guinea: «Così risparmio 3,6 tonnellate di inquinamento», aveva scritto.

Su X (prima Twitter) sono molti i colleghi che difendono la sua scelta: «Appello accademico alla solidarietà. Gianluca è un faro per coraggio e integrità. Ma il suo datore di lavoro probabilmente in relazione al suo attivismo, minaccia di licenziarlo», posta un ricercatore. Grimalda è però convinto della sua scelta: «Ho scritto al presidente del mio istituto per dirgli che oggi non ci sono e che tornerò indietro in nave e via terra».

Lo studio e la scelta di Grimalda: «Ho fatto una promessa»

Grimalda ha condotto in Papua Nuova Guinea uno studio sull’impatto dei cambiamenti climatici sulla vita della popolazione locale. Nei sei mesi di permanenza ha risieduto la maggior parte del tempo a Bougainville, l’isola più grande dell’arcipelago delle Isole Salomone che fa parte però dello Stato della Papua Nuova Guinea. Nelle settimane ha dovuto conquistare la fiducia dei locali per poter parlare con loro e analizzare l’impatto dei cambiamenti climatici: «Gli uomini bianchi (come siamo chiamati qui) sono spesso definiti giaman (bugiardi o truffatori in Tok pidgin, la lingua locale). Io non voglio fare il giaman». La popolazione dell’isola ha dovuto spostare i propri villaggi nell’entroterra per l’innalzamento del livello delle maree e per contenere l’acqua ha provato a piantare molti alberi di mangrovie. Proprio il suo studio e altre difficoltà, il riscatto di banditi armati di machete, il furto del suo materiale di ricerca e la diffidenza iniziale degli abitanti, hanno ritardato la sua indagine e quindi la ripartenza. Quest’ultima non poteva che essere all’insegna della mitigazione degli impatti ambientali, quindi senza aerei. Ma era anche all’origine di una promessa fatta dal ricercatore a mille abitanti di Bougainville. «I viaggi in aereo sono il modo più veloce per bruciare combustibili fossili, quindi il modo più veloce per andare verso la catastrofe… Quindi dal mio punto di vista, come individuo, volare è probabilmente di gran lunga l’attività in cui utilizzo la maggior parte del mio budget di carbonio», ha scritto su X Grimalda a commento della sua scelta. Decisione che però non è stata facile: «Ora mi sento bene, [ma] alcuni dei giorni scorsi sono stati piuttosto traumatici perché non mi aspettavo questo tipo di comportamento da parte delle persone del mio istituto. Ma credo di aver fatto la scelta giusta». Un portavoce dell’istituto Kiel, come riporta il Guardian, non ha voluto commentare la vicenda preferendo piuttosto sostenere la politica aziendale: «Quando viaggia per lavoro, l’istituto sostiene i suoi dipendenti a viaggiare in modo rispettoso del clima».

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