De Castro (Pd) tentato dal centrodestra? Lui smentisce ma c’è il pressing della Coldiretti per riaverlo in Ue
«Lui è l’uomo Coldiretti a Bruxelles». Una fonte che segue da vicino le candidature del Partito democratico alle prossime elezioni europee non ha dubbi: il nome di Paolo De Castro rientrerebbe in una serie di negoziati che coinvolgono non soltanto i partiti. Le liste sono in fase di definizione, il collegio del due volte ministro dell’Agricoltura sarebbe quello del Nord-Est. Se i Dem ripetessero il risultato della tornata del 2019, e non è scontato, non eleggerebbero più di quattro eurodeputati nella circoscrizione. Il calcolo del rischio è piuttosto semplice: un posto spetterebbe al presidente del Nazareno, Stefano Bonaccini, poi ci sono le quote femminili, in lizza Alessandra Moretti ed Elisabetta Gualmini, ancora, potrebbe scendere nell’agone Renzo Lusetti. A questi nomi, andrebbe aggiunto un candidato emanazione della corrente Elly Schlein, qualcuno ventila l’ipotesi del padovano Alessandro Zan. Ecco, in questo scacchiere affollato, sarebbe tutt’altro che scontata la rielezione di De Castro, ariete degli agricoltori italiani nella Commissione agricoltura del Parlamento europeo.
Non è un mistero – come recita il sito – che la Coldiretti, «la principale organizzazione degli imprenditori agricoli a livello nazionale ed europeo» supporti De Castro. Nel 2019, a poche settimane dal voto, il segretario generale Vincenzo Gesmundo fece un endorsement pubblico: «De Castro è il parlamentare europeo che in questi anni è stato più vicino alle istanze Coldiretti. Senza la sua guida sarebbe stato difficile sconfiggere l’etichetta a semaforo. E non solo». Altrettanto evidente, anzi pubblica è la carica di presidente della Fondazione Filiera Italia conferita a De Castro. Di cosa si tratta? «Di una solida alleanza tra la Coldiretti, oltre cento tra le più importanti imprese italiane di trasformazione alimentare, le principali catene della distribuzione organizzata e partner strategici», del calibro di Eni, Enel e Intesa Sanpaolo. Vicepresidente vicario di Filiera Italia è, invece, Ettore Prandini. Il quale, contemporaneamente, è presidente della Coldiretti. Un tetris tra mondo agricolo e politica che è molto più di un gioco: le istituzioni europee, sulla spinta della transizione ecologica e dell’emergenza imposta dal cambiamento climatico, negli ultimi anni hanno imposto delle restrizioni nel campo dell’agricoltura e degli allevamenti intensivi. Restrizioni contro le quali, e nemmeno questo è un mistero, si sono schierati gli imprenditori dell’agrifood.
Perciò, riferisce un’altra fonte interna al Pd, «sembra che De Castro ci tenga meno alla sua candidatura rispetto a quanto ci tenga la Coldiretti». Poi le ricostruzioni, man mano che si propagano rispetto al nucleo vicino all’eurodeputato, assumono le sembianze di ricami, non di spiegazioni: «De Castro non sopporta la linea ultra-ecologista sposata da Schlein», «la nuova segreteria del Pd è più interessata agli animalisti che agli allevatori», e via dicendo. In questo scenario, c’è chi ritiene molto probabile un avvicinamento di De Castro al centrodestra. «Forse Fratelli d’Italia, visto il suo ottimo rapporto con Francesco Lollobrigida e lo spostamento a destra della Coldiretti», afferma un dirigente del Pd che opera nel collegio interessato. «Non escluderei dalla regia anche Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano e presidente della Coldiretti Emilia-Romagna, bacino elettorale per De Castro». Da Bruxelles, un membro del suo partito è più cauto: «Non credo che il salto possa essere così, diciamo, sconcertante. Già fatico a vedere De Castro in un soggetto moderato come Forza Italia. Poi, perché dovrebbe rovinare il suo rapporto con Bonaccini e Romano Prodi?». Tra le ragioni che adduce chi, invece, è convinto dell’addio di De Castro, c’è l’ambizione per l’ex ministro di essere nominato Commissario europeo all’Agricoltura. Un’investitura che arriva su proposta dei governi nazionali degli Stati membri e che, salvo sorprese, spetterà dunque al centrodestra a trazione meloniana.
La versione di De Castro e i dubbi sulla linea Schlein riguardo al mondo agricolo
Una per una, De Castro smonta le elucubrazioni fatte sul suo futuro politico. Raggiunto al telefono da Open mentre è a Strasburgo, l’eurodeputato ammette che «queste voci stanno circolando da un po’». Forse anche per questo accetta di raccontare la sua versione. Giura che non cambierà mai partito. «Sono parzialmente in disaccordo con linea della segreteria sull’agricoltura, ma per le ragioni della mia storia con Prodi e con il Pd, che fanno di me un veterano – come lo chiamano alcuni colleghi dell’Europarlamento – una cosa è certa: De Castro non cambierà mai casacca». Non nega che il suo rapporto con Lollobrigida sia ottimo, «anche perché sono un relatore del provvedimento sulle indicazioni geografiche», ma smentisce che Coldiretti o il Consorzio Parmigiano Reggiano abbiano in qualche modo provato a influenzare un suo passaggio nel centrodestra.
«Neanche informalmente c’è stato un tentativo di “catturarmi” da altre parti. Essendo più un tecnico che un politico, ho sempre avuto rapporti con tutti, dalla sinistra alla destra. Poi sì, arrivano delle manifestazioni di stima da ambienti del centrodestra, ma restano tali». Poi si rivolge alla segretaria del Pd: «Elly, io sono assolutamente pronto per fare un quarto mandato, non sono stanco». Servirebbe, tuttavia, una deroga al regolamento interno del Pd. «Voglio farlo, ma prima devo aver chiara qual è la strategia della segretaria rispetto all’agricoltura. Ho fatto il ministro, è palese che rappresento il mondo dell’agrifood. Avrò, comunque, un colloquio con lei nelle prossime settimane. Se il mio partito investe sull’agricoltura, De Castro ci sarà. Altrimenti, tornerò a insegnare all’Università di Bologna». E conclude: «I prodiani possono essere tacciati di essere troppo di sinistra e o troppo di destra, ma mai nessun vero prodiano farebbe un cambio di casacca».
Nella foto in evidenza, De Castro (a sinistra) | Foto Ansa
Leggi anche:
- Pd, la sfiducia di Zingaretti in Schlein: «Alle europee non faremo un gran risultato»
- La fuga a Bruxelles degli amministratori Pd: Bonaccini, Decaro, Gori e Nardella pronti al salto in Europa
- La corrente di Bonaccini nasce a fine luglio ma già litiga. Dagli screzi sui congressi regionali alle divisioni in vista delle Europee 2024