Cannabis light, il Tar del Lazio sospende il decreto del governo: «I prodotti per uso orale a base di Cbd possono essere venduti»
«I prodotti per uso orale a base di Cbd possono essere venduti». Lo ha deciso il Tar del Lazio che ha sospeso, così, il decreto del governo Meloni – entrato in vigore il 22 settembre scorso – che prevede l’inserimento nella tabella dei medicinali dei prodotti a base di cannabinoidi (cbd) per uso orale, vietandone la vendita. È stata, quindi, accolta la richiesta dell’associazione Imprenditori Canapa Italia (Ici) che contestava che non fosse stato chiesto un parere al Consiglio superiore della Sanità. La nuova udienza è stata fissata dai giudici amministrativi per il 24 ottobre. «Il ricorso inoltre contesta – spiega Ici – in via generale la decisione di ricondurre il cannabidiolo tra le sostanze stupefacenti o psicotrope; decisione che si pone in contrasto con la giurisprudenza comunitaria». Con la decisione di oggi – giovedì, 5 ottobre – i giudici amministrativi hanno sospeso l’efficacia del decreto ministeriale del 7 agosto scorso fino alla camera di consiglio che è stata fissata al prossimo 24 ottobre. «Ci auguriamo che il 24 ottobre la camera di consiglio del Tar del Lazio confermi la sospensiva del decreto ministeriale che colpisce un’intera filiera: dai produttori alla vendita al dettaglio, mettendo a rischio anche posti di lavoro», sottolinea Raffaele Desiante, presidente dell’Associazione Imprenditori Canapa Italia (Ici) che, con l’assistenza degli avvocati Dario De Blasi, Alberto Gava e Francesco Renda (Prestige Legal Advisory), ha impugnato il decreto. Per il presidente «la decisione di oggi del Tar ripristina la situazione a prima della emanazione del decreto. Già in passato era stata sospesa l’efficacia del provvedimento in quanto servivano ulteriori approfondimenti tecnico-scientifici. Il ministero ha, però, deciso di comprendere le composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di Cannabis nella tabella dei medicinali, senza attendere il parere dell’Istituto superiore di sanità», conclude Desiante.
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