Che cos’è il «salario dignitoso», la risposta del governo al salario minimo di Schlein e Conte
Emergono i primi elementi sulla strada che il governo studia di intraprendere per rispondere alla sfida lanciata dall’opposizione sul salario minimo. Dopo l’invio della prima valutazione tecnica da parte del Cnel – l’organismo presieduto da Renato Brunetta cui l’esecutivo aveva demandato la questione per una consulenza – la ministra del Lavoro Marina Calderone ha evocato la ricetta alternativa che potrebbe presto “cucinare” il governo Meloni: quella del «salario dignitoso». Che rispetto a quello minimo chiesto a gran voce da Pd e M5s, avrebbe il merito di ampliare l’orizzonte dell’intervento. Almeno secondo le valutazioni in corso a Palazzo Chigi sulla base del parere Cnel: «Il tema più ampio su cui istituzioni e parti sociali sono chiamate a confrontarsi e ad individuare linee d’azione efficaci è quello del salario dignitoso, che va oltre il salario minimo e richiede una contrattazione di qualità capace di trovare strumenti e implementare garanzie», ha detto Calderone nel corso del question time di oggi al Senato. In questo quadro, ha aggiunto ancora la ministra, «ribadisco il mio impegno affinché tutti i percorsi siano finalizzati a garantire livelli salariali adeguati, nel solco di un dialogo istituzionale trasparente, basato su un confronto aperto e costruttivo tra tutti gli attori coinvolti». Già, ma che significa in concreto?
Spinta ai salari dall’esterno
Secondo l’Ansa ciò che ha in mente il governo per uscire dal pressing alto dell’opposizione sul tema è il varo di una serie di strumenti in grado di incentivare il rialzo della media salariale italiana, che il Cnel ha calcolato essere oggi di 7,10 euro l’ora. Si pensa, in particolare, a «una spinta ad un rapido rinnovo dei contratti, un più stretto collegamento tra retribuzione e produttività nel secondo livello contrattuale, un giro di vite sugli accordi pirata di sigle non rappresentative». Interventi che potrebbero in qualche caso essere inclusi nella prossima manovra, ma anche nel documento definitivo del Cnel, che è al lavoro in questi giorni per apportare le modifiche richieste dai sindacati. Tutto sommato, comunque, il governo non sembra avere molta fretta di mettere il tema in carreggiata: passerà ancora almeno una settimana prima dell’arrivo del documento definitivo del Cnel, poi potrebbe vedere la luce una proposta dell’esecutivo. E in tal caso inizierà l’iter di discussione dalla commissione Lavoro. E non si prevedono canali preferenziali in Parlamento nelle settimane dedicate alla discussione della legge di bilancio. Lo ha fatto capire oggi in Aula Calderone: «È doveroso sottolineare che il ddl è una proposta di natura parlamentare, il cui iter è rimesso alla volontà sovrana del Parlamento. Con riferimento alla richiesta di intervento sulla calendarizzazione del ddl, non ritengo opportuno esercitare alcuna azione in relazione ad atti del procedimento parlamentare».
L’opposizione teme la trappola
Anche per questo le opposizioni non credono ai nuovi progetti del governo, accusato di voler semplicemente affossare il salario minimo, con l'”aiutino” del Cnel dietro pretesto di un parere tecnico. È questa l’accusa che accomuna il fronte opposto – da Azione di Carlo Calenda all’M5s di Giuseppe Conte sino all’Alleanza Verdi e Sinistra. Quanto al Pd, l’appuntamento per i suoi militanti è per domenica prossima un firma day a favore del proprio progetto. Ma la segretaria del Pd Elly Schlein ha lanciato anche un appello alla sinistra a scendere in piazza l’11 novembre per aumentare la pressione sul governo sul tema del lavoro povero.
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