La vera storia di Dracula: perché i vampiri sono una fake news e un capro espiatorio
Francesco Paolo de Ceglia, storico della scienza e docente all’università di Bari, ha scritto per Einaudi Vampyr. Storia naturale della resurrezione. Il libro racconta la vera storia del mito di Dracula. A partire dal 1732, quando i giornali dell’Europa orientale annunciarono che i morti ritornavano in vita per succhiare sangue. Una fake news d’altri tempi che ha costruito un mito. «L’ondata settecentesca di panico da vampiro nacque per responsabilità della medicina, che dava troppo credito alle voci della gente terrorizzata, e si concluse quando il potere politico costrinse la stessa medicina a dire: “scusate, mi sono sbagliata”». De Ceglia parla del suo libro con l’edizione barese di Repubblica. L’intervista è di Antonio Di Giacomo.
La resurrezione
Con la parola “resurrezione”, spiega De Cegna, nel libro si riferisce «al “ritorno” di uomini e donne comuni. Che morivano per i motivi più diversi. Subito dopo scoppiava una epidemia o una carestia, e loro erano giudicati responsabili di quel male. Venivano, così, visti vagare. Riesumati, alcuni erano trovati non troppo decomposti. E allora il via al rituale di distruzione: tagliar loro la testa, estrarre il cuore e consegnare tutto alle fiamme. Alle volte erano però i vivi a bere il sangue dei morti o a impastare un pane con le loro ceneri, da consumare con la comunità: si riteneva che, così, essi ne avrebbero assunto le forze e sarebbero stati immuni agli attacchi dei morti-viventi. Il vampiro nasce, insomma, quando una comunità, abbandonata dal potere politico e religioso, si sente colpita dal male, e cerca di riprendere in mano la situazione. Ecco perché si inventa un capro espiatorio: per avere l’impressione di gestire la situazione».
Da dove viene
Ma da dove nasce la leggenda metropolitana? «All’inizio del Settecento la Monarchia asburgica si espanse a Est, sottraendo all’Impero ottomano alcuni territori, tra cui la Serbia. Lì, come altrove, la credenza che i morti potessero tornare era già molto antica, ma gli Austriaci non lo sapevano. Allertati su alcuni episodi verificatisi in paesini in cui la gente sembrava stesse morendo un po’ troppo alla svelta – probabilmente per un’epidemia o per le grame condizioni di vita – i militari austriaci vi inviarono dei medici. I quali condussero autopsie.
Il termine “Vampyr”
Mentre la gente ripeteva loro ossessivamente quel termine “Vampyr”, che gli occidentali non conoscevano e che sarà rimasto imprigionato a far eco nelle loro teste, se si trova così abbondantemente nei loro verbali. Uno dei quali, non si sa come, dalle cancellerie austriache venne ricopiato e spedito in Olanda. Dove un giornale in francese, quindi aperto alla comunità internazionale, lo pubblicò. Era il 1732 ed era iniziato “l’anno dei vampiri”. In cui la notizia rimbalzò da un giornale all’altro, come adesso una fake news diventa virale».
Le donne
Da lì prese il via del mito, poi ripreso dalla letteratura e dal cinema. Il primo fu Bram Stoker con il suo Dracula datato 1897. Ma De Ceglia fa notare che agli inizi della leggenda il sospetto di essere vampiri ricadeva soprattutto sulle donne. «E questo per un fatto semplicissimo: semplicissimo: si trattava di figure marginali rispetto alla società militarizzata dell’epoca. Sovente prive di una vera e propria famiglia, esse non avevano alcun commilitone che, dopo la riesumazione, potesse imporsi dicendo: “i loro corpi sono disfatti a sufficienza, lasciatele stare”».
Little Monsters
Oggi, come dice Lady Gaga, siamo tutti “Little Monsters”: «Se infatti il vampiro è il freak o l’“altro” da usare come capro espiatorio, nessuno di noi può sentirsi al riparo dalla vampirizzazione, reale o mediatica che sia. La quale replica all’infinito la nostra immagine, ruba i nostri dati e dice di noi le cose più incontrollate. La resurrezione è vicina».
In copertina: immagine da “Nosferatu il vampiro” di Frederik Wilhelm Murnau
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