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Nobel per la pace all’attivista iraniana Narges Mohammadi «per la sua lotta contro l’oppressione delle donne». In carcere dal 2016

Vice-presidente del Centro per la difesa dei Diritti Umani, aveva scritto: «Più ci rinchiudono, più diventiamo forti»

L’attivista iraniana Narges Mohammadi ha vinto il Nobel per la Pace per «la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e la sua lotta per promuovere i diritti umani e la libertà per tutti». Vice-presidente del Centro per la difesa dei Diritti Umani (Ong guidata da Shirin Ebadi, vincitrice del Premio Nobel per la pace nel 2003), Mahammadi – 51 anni – è una delle più note attiviste per i diritti delle donne in Iran. Attualmente sta scontando una condanna a dieci anni di carcere nella prigione Evin di Teheran per «diffusione di propaganda antistatale». Dalla reclusione, tuttavia, Mohammadi è riuscita ad organizzare proteste per l’uccisione di Mahsa Amini. Ha scritto saggi, organizzato seminari per le donne detenute ed è riuscita, dal carcere, a far pubblicare un articolo dal titolo «Più ci rinchiudono, più diventiamo forti» sul New York Times nel primo anniversario dell’uccisione della 22enne curda. Per anni, alla carriera da ingegnera ha affiancato quella di editorialista per alcuni quotidiani in favore dei diritti delle donne.

Condannata a un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate

È stata arrestata più volte: la prima condanna, di un anno di carcere, è arrivata nel 1998, per aver criticato il governo. Il 15 gennaio 2022 è stata, invece, condannata a otto anni e due mesi di reclusione, due anni di esilio e 74 frustate. All’attivista sono state negate le cure mediche, secondo quanto riporta Amnesty International, nonostante soffra di una malattia polmonare. Nel dicembre del 2022 ha denunciato, in una lettera pubblicata dalla Bbc, le condizioni disumane delle carcere iraniane, specialmente per le detenute femminili. In particolare Mohammadi ha raccontato le torture subite da un’attivista, legata mani e piedi a un gancio sul tettino del veicolo che l’ha portata in carcere ed è poi stata violentata a turno dagli agenti di sicurezza. «Mohammadi – spiega l’associazione con una nota – è una donna, una sostenitrice dei diritti umani e una combattente per la libertà. La sua coraggiosa lotta per la libertà di espressione e il diritto all’indipendenza ha comportato costi personali enormi. Complessivamente, il regime iraniano l’ha arrestata 13 volte, condannata cinque volte e condannata a un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate». La vittoria di Narges Mohammadi «evidenzia il coraggio delle donne iraniane», è il commento dell’Onu. «Un momento storico per la lotta per la libertà in Iran», ha sottolineato la famiglia dell’attivista.

«Donna, vita, libertà»

Berit Reiss-Andersen, presidente del Comitato norvegese per il Nobel, arrivando al leggio, ha ripetuto lo slogan dei manifestanti che da circa un anno riecheggia nelle piazze iraniane «Donna, vita, libertà», prima di annunciare l’assegnazione. I premi Nobel per la Pace di quest’anno e degli ultimi anni dimostrano che «la democrazia è in declino», ha ribadito la presidente del Comitato, motivando l’assegnazione del premio di quest’anno a Narges Mohammadi, attraverso il quale il comitato spera di inviare un segnale al governo iraniano affinché «ascolti il proprio popolo». Reiss-Andersen ha spiegato che nominare Mohammadi come vincitrice di quest’anno è «prima di tutto un riconoscimento ad un intero movimento in Iran con la sua leader indiscussa Narges Mohammadi». E ha aggiunto: «Speriamo che sia un incoraggiamento a continuare il lavoro in qualunque forma questo movimento ritenga opportuno». Alla domanda su come verrà consegnato fisicamente il premio a dicembre, la presidente del comitato norvegese ha detto che spera che il governo iraniano prenda «la decisione giusta», autorizzandola a ricevere il Nobel.

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