L’infermiere avvelenato all’istituto tumori di Bari perché era un «infame»
L’istituto tumori “Giovanni Paolo II” di Bari è oggetto di un’indagine per traffico di materiale. L’accusa coinvolge infermieri e operatori socio-sanitari che usavano farmaci e dispositivi dell’istituto per alcune visite private in nero. Sei sono sottoposti a misure cautelari. Tutto accadeva nel reparto di oncologia medica, retto da Vito Lo Russo. A sua volta arrestato in estate per aver chiesto soldi ai pazienti per le visite gratuite. Nel 2020 un’infermiera è stata beccata mentre rubava 250 euro dal portafogli di una paziente ricoverata. Lei ha raccontato agli inquirenti i movimenti nel suo reparto. Uno degli indagati ha reagito così: «Hai rotto i c…. Sappiamo dove abiti, chi è la tua compagna e che sei un’infame come tua cognata, conosciamo tua madre che lavora qui da tanti anni e stai attenta a tua madre, che non ci vuole niente a farle del male». Pochi giorni dopo, nella sua casetta delle lettere, la donna avrebbe trovato alcune foto (scattate da ignoti) della sua compagna al lavoro e con i suoi due nipotini. Poi c’è il caso Onorfrio Costanzo, «sottoposto più volte a controlli di polizia giudiziaria, è stato trovato in compagnia di pregiudicati per reati contro il patrimonio» e, pur essendo l’unico in famiglia con uno stipendio (di circa 18mila euro annui, la moglie è disoccupata) è proprietario di una moto Honda e, in passato, di tre auto. La moglie ha due auto di proprietà. Nonostante i tanti controlli subiti «l’illecito per Costanzo continua a costituire attrattiva», scrive il pm. Ma c’è anche il caso di un infermiere, definito «infame» da un collega, avvelenato dopo aver bevuto un thè in reparto. E da allora impossibilitato a lavorare per una grave disabilità.