L’immunologo Le Foche perdona l’uomo che lo ha massacrato: «Ma senza quel poliziotto ora sarei morto»
L’immunologo Francesco Le Foche ha deciso di perdonare il suo aggressore Renato Mauro Morandi. E questo perché lo ritiene un dovere della sua professione: «Essere un medico, di per sé, equivale a perdonare». In un’intervista rilasciata a Il Messaggero Le Foche ringrazia il poliziotto che è intervenuto durante l’aggressione. Le Foche è stato ripetutamente colpito con una vaschetta di caramelle di vetro che teneva nel suo studio. Morandi, secondo il racconto dell’immunologo, voleva che lui curasse il suo cane, poi morto. E con l’aggressione non c’entra nulla la campagna per la vaccinazione contro Covid-19, chiamata in causa dai No vax. Chi lo ha aggredito, spiega Le Foche, è un soggetto clinicamente psicolabile che aveva anche dei precedenti specifici.
I precedenti e la spondilodiscite
Le Foche racconta a Camilla Mozzetti che Morandi aveva già avuto problemi con una collega di un ospedale romano e non voleva più curarsi lì. «Portava un busto perché affetto da una spondilodiscite». Ovvero un’infezione delle colonne vertebrali che interessa il disco e le vertebre adiacenti. E che può essere specifica, in quanto provocata dalla tubercolosi, o aspecifica quando entrano in azione batteri comuni. «L’ho curato, è andata bene», specifica Le Foche. «Lui aveva fatto un prelievo e i neutrofili erano alti. Aveva assunto del cortisone. Si è preoccupato ed è andato in escandescenza». Il dottore lo aveva visto due o tre volte in tre mesi. «Poi mi ha chiamato per il cane malato. Gli ho risposto che non ero un veterinario. “Lei ha salvato me, può salvare anche il cane”, mi ha risposto. Mi ha anche mandato delle foto su Whatsapp».
Disturbo bipolare
A Morandi è stato diagnosticato un disturbo bipolare. Sua madre ha detto a Le Foche che era seguito. Poi il perdono: «Io sono un medico e devo necessariamente perdonare tutti. Mi impegno al massimo a curare le persone e i miei pazienti lo sanno bene». Fa sapere di aver mandato un messaggio di ringraziamento al poliziotto che è intervenuto durante l’aggressione. Poi conclude: «La cosa più importante è la cultura medica. Dobbiamo fare in modo che ci sia una sensibilizzazione rivolta a tutta la popolazione. I medici svolgono una professione per la salute delle persone. Il paziente deve sapere questo: io e gli altri ci impegniamo al massimo per lui. Sempre. Per cui la violenza è inutile».
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