Guerra Hamas-Israele, Crosetto: «Legittima la reazione di Tel Aviv, ma rispettare i diritti della persona». E Tajani spera nelle aperture egiziane
La riunione ministeriale dell’Alleanza Atlantica, a Bruxelles, ha dovuto affrontare la questione mediorientale. Per l’Italia, oggi 12 ottobre, ha partecipato Guido Crosetto e al termine dell’incontro, il titolare della Difesa si è fermato con la stampa rilasciando una serie di dichiarazioni che chiariscono l’approccio dell’Italia al conflitto scoppiato tra Hamas e Israele. «Non bisogna confondere Hamas con il popolo palestinese», ha esordito. All’Italia, «preoccupa che ci sia una escalation. Ciò che importa all’Italia è che non ci siano persone che non c’entrano nulla in questo scontro e che rimangano in mezzo a quella che è una legittima reazione di Israele». Crosetto ha esortato tutta la comunità internazionale a perseguire l’obiettivo di un attenuazione degli scontri. E riguardo alle trattative per liberare gli ostaggi, ha aggiunto: «Se c’è uno spazio negoziale per la liberazione degli ostaggi, questo non lo può affrontare la Nato, ma Stati che hanno un dialogo con Hamas. Ci sono Nazioni che hanno un dialogo, spetta a loro cercare in ogni modo di stemperare questa situazione drammatica». Non è, per il ministro, un segno di debolezza dell’Occidente, che cederebbe così il passo della mediazione ad attori come Egitto, Qatar e Arabia Saudita: «Mi pare che parliamo da sempre con questi Paesi di temi economici, se non ci vergogniamo a parlare di questi temi o di energia non vedo perché dovremmo farlo a parlare di temi umanitari».
Crosetto: «Chi vuole andar via da Gaza, deve poter andar via»
A proposito di salvaguardia dei cittadini di Gaza, Crosetto ha offerto la disponibilità italiana a gestire dei corridoi umanitari: «L’Italia non si è mai tirata indietro. Qualora fosse richiesto dalla comunità internazionale e dall’Onu un impegno di pace di questo tipo, saremmo i primi disponibili, ma adesso nessuno ha chiesto qualcosa di simile». Poi, l’esponente di Fratelli d’Italia ha integrato: «Da quello che ho sentito nelle dichiarazioni del governo israeliano, il valico di Rafah è aperto, non è mai stato chiuso. Fin dall’inizio è stata data la possibilità di allontanarsi da Gaza. Bisogna agire in modo che le persone intanto lo sappiano e poi in qualche modo riescano a muoversi. Questo deve garantirlo la comunità internazionale: chi vuole andar via, deve poter andar via». Anche se, alcune fonti sul campo, parlano di bombardamenti israeliani avvenuti proprio nelle vicinanze del valico di Rafah e che avrebbero reso insicuro il passaggio dei civili. «Questa convivenza con Hamas, che fino ad ora è avvenuta senza avere effetti così devastanti, adesso è impossibile, e quindi la reazione di Israele è assicurarsi il futuro. E il futuro, probabilmente, comprende uno scontro con Hamas molto duro. Questo può avere conseguenze», ha detto poi il ministro. «È legittima la reazione di Tel Aviv, ma l’Italia farà di tutto perché siano rispettati i diritti della persona».
Le dichiarazioni di Sangiuliano, Piantedosi e Tajani
Non è l’unico membro del governo a essere intervenuto sul conflitto, nel primo pomeriggio di oggi. Gennaro Sangiuliano, arrivando a una conferenza stampa sulla Shoah convocata a Roma, ha chiosato: «Hamas è il nuovo nazismo. Non è questo il tempo dei distinguo, come non si fanno distinguo rispetto al nazismo. Noi siamo fermi nella condanna e nel sostegno. L’ebraismo è un elemento fondante della cultura italiana». Il ministro degli Interni Matteo Piantedosi, invece, ha posto l’accento sulle conseguenze del conflitto dal punto di vista migratorio: «Ho dato specifiche direttive per l’intensificazione di ogni accordo informativo tra intelligence e forze di polizia per monitorare l’evoluzione del conflitto ed i riflessi sui flussi migratori, sugli ingressi e sulle presenze. C’è una rinnovata attenzione nelle principali aree di sbarco e negli hotspot». E infine il numero uno della Farnesina, Antonio Tajani, ha commentato su Rai Radio 1 gli incontri bilaterali avuti in Egitto: «I rapporti ottimi. Ho chiesto al presidente Abdel Fattah al-Sisi di fare di tutto per salvare gli ostaggi e ho ricevuto una risposta positiva, un impegno per cercare di salvare queste persone. L’Egitto è un Paese arabo sempre pronto a dialogare. Speriamo possa essere sempre più elemento di stabilità nell’area del Mediterraneo e in Medio Oriente».
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