Mille soldati italiani al confine tra Libano e Israele mentre continuano gli spari: Crosetto preoccupato, pronto il piano di evacuazione
Il lancio di razzi, con risposta di missili, sembrava essersi interrotto ieri mattina, mercoledì 11 ottobre, e per le 24 ore successive non ce ne sono stati altri. Poi, oggi pomeriggio, attorno alle 17, ci sarebbero stati nuovi colpi di artiglieria israeliani, anche se non c’è ancora una conferma dal Libano. Insomma, dal lato nord di Israele, ai margini del Libano, lungo una linea – la linea blu – che non può neppure essere definita formalmente un confine, la preoccupazione dei militari, impiegati nella missione Unifil delle Nazioni unite, resta. Dopo una lunga pace, che dura dal 2006, l’aggressione partita da Gaza da parte di Hamas ha riacceso le tensioni, fin da sabato con alcuni lanci di razzi da parte di Hezbollah, a cui Israele ha risposto con missili.
La missione e il ruolo dell’Italia
La missione Unifil ha avuto un’azione stabilizzatrice nell’area. Negli anni, i militari hanno soprattutto pattugliato via terra la zona, contribuendo a interrompere il crescere di nuove tensioni e occupandosi della sicurezza dei campi profughi palestinesi. Ora però la preoccupazione cresce, come spiega il portavoce – italiano – Andrea Tenenti: «Siamo in una situazione fluida. La missione Unifil si sta relazionando tanto con l’esercito libanese quanto con l’Idf israeliano per scongiurare l’accendersi di nuovi conflitti». L’azione di mediazione è stata pubblicata persino sui social: «Lavoriamo senza sosta per evitare l’escalation».
Le preoccupazioni di Crosetto
Ma se l’impegno della missione è chiaro, sotto traccia i singoli paesi, e in questo caso l’Italia, sono preoccupati per i loro contingenti, fatti di uomini preparati sì, ma che non è detto siano in grado di fronteggiare un conflitto aperto sul campo. I timori si sentono anche al ministero della Difesa: l’Italia ha 1.100 uomini nella missione Unifil, attualmente il secondo contingente numericamente più esteso dopo l’Indonesia che ne ha 1.200. E il ministro Crosetto non ha nascosto ai suoi la propria preoccupazione, anche perché da giorni l’Italia chiede all’Onu indicazioni chiare su come andrebbe affrontata una eventuale escalation, ricevendo in cambio solo imbarazzati silenzi che confermano come le Nazioni unite non abbiano ancora le idee chiare su come avere un ruolo attivo nello scenario mediorientale ripiombato nel caos. Al momento, ad ogni lancio di razzi, i militari si rifugiano nei bunker ma se il quadro dovesse peggiorare è possibile che si pensi all’evacuazione. Al di là degli accordi Onu, l’Italia ha approntato un piano per lasciare il Libano in poche ore in qualunque momento.
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