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La fuga degli infermieri dal Piemonte agli Emirati: «Stipendi quadruplicati e ferie raddoppiate»

18 Ottobre 2023 - 08:38 Redazione
ospedale torino
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Le storie di chi decide di espatriare: turni irragionevoli e stipendi bassi

Sempre più giovani disertano le scuole di infermieristica in Piemonte. Il fenomeno causa un’emorragia di personale sanitario dal pubblico al privato o verso un impiego oltre confine. In particolare verso il Medio Oriente. A denunciare il fenomeno sono i sindacati. Mentre le associazioni oggi sono subissate da richieste di expat. Claudio Delli Carri, segretario piemontese del sindacato Nursing Up, ha spiegato che mancano 5 mila infermieri in regione rispetto ai 21 mila operativi. Ma loro denunciano turni irragionevoli, nessuna prospettiva di crescita e stipendi tra i più bassi d’Europa. Per questo se ne vanno. Tra loro, racconta oggi l’edizione torinese del Corriere della Sera, c’è Arianna. Che ha 46 anni e ha deciso di espatriare.

La sanità pubblica

Ha lavorato per vent’anni nella sanità pubblica. «Sono esausta perché sto crescendo mio figlio da sola e far conciliare scuola, formazione, sport con 14 ore di lavoro consecutive per 1.600 euro di stipendio al mese al netto degli straordinari e di qualche indennità, francamente mi sembra ingeneroso verso la nostra professione», spiega. Invece in Arabia «dicevano che offrono 5 mila euro al mese, 63 giorni di ferie all’anno, un viaggio aereo l’anno pagato, andata e ritorno, per poter tornare in Italia, casa pagata, come la palestra e altre attività per il tempo libero». Contro «un quarto dello stipendio, 32 giorni l’anno di riposo e una carriera bloccata». I loro ospedali poi sono «nuovi e belli, non cadono a pezzi come invece accade ai nostri. Offrono tanti servizi collaterali e mi hanno dato la sensazione di un posto dove la qualità del lavoro conta davvero».

Le persone devono sapere

Ha deciso di parlare «perché le persone devono sapere come vivono i sanitari che si occupano della loro salute. L’Organizzazione mondiale della sanità dice che siamo in “burn out”; ci definisce bruciati, insomma, dopo tutto quello che abbiamo vissuto con il Covid». Ma vuole rimanere anonima: «Non so ancora se la mia richiesta avrà buon esito. Meglio essere prudenti. L’ha detto lei: sembra troppo bello per essere vero».

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