Iran avverte Israele sul rischio di una «crisi incontrollabile». Il Papa telefona a Biden: «Individuare dei percorsi di pace»
La sala stampa della Santa Sede rende noto che «questo pomeriggio ha avuto luogo una telefonata tra Papa Francesco e il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. La conversazione, durata circa 20 minuti, ha avuto come argomento le situazioni di conflitto nel mondo e il bisogno di individuare percorsi di pace». L’Iran ha avvertito Israele che se il conflitto con Hamas proseguirà al ritmo attuale la situazione in medio oriente potrebbe diventare «incontrollabile». A renderlo noto è il governo di Teheran, nelle stesse ore in cui Nir Barkat, il ministro dell’economia israeliano sostiene: «Il piano dell’Iran è di attaccare Israele su tutti fronti. Se realizziamo che vogliono attaccare Israele, non solo su tutti i nostri fronti, noi attaccheremo la testa del serpente, l’Iran». Uno dei fronti a cui si riferisce Barkat è quello degli Hezbollah libanesi, alleati di Teheran. Il ministro ha dichiarato che se questi apriranno un fonte al nord, Israele «li cancellerà dalla faccia della terra». Nella mattinata di oggi, 22 ottobre, inoltre, l’esercito israeliano ha annunciato di aver identificato ed eliminato una cellula terroristica che si apprestava a lanciare un missile anti tank verso l’area di Zarit, al confine col Libano. In risposta al tentativo, l’esercito sta ora colpendo il territorio libanese. Inoltre è stato intercettato un drone che veniva dal Libano. Intanto, è ripreso anche il lancio di razzi da Gaza verso la zona sud di Israele. In particolare nelle comunità israeliane a ridosso della Striscia come il kibbutz di Nahal Oz. In precedenza una salva di razzi aveva interessato la città costiera di Ashkelon. Oggi, le sirene sono suonate anche nei pressi di Gerusalemme. Intanto il nuovo inviato dell’amministrazione Biden per la situazione umanitaria a Gaza, David Satterfield, ha annunciato che altri 15 camion di aiuti umanitari sono in viaggio verso Gaza.
Il giallo delle sei autocisterne a Gaza. I militari israeliani: «Il diesel c’è ma se lo tiene stretto Hamas»
Le prime sei autocisterne sono entrate nella Striscia di Gaza. Lo riferiscono un funzionario al valico di Rafah e un giornalista dell’Afp. Sei camion con carburante per alimentare i generatori di due ospedali hanno attraversato il valico dall’Egitto, hanno detto all’Afp l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa) e una fonte egiziana. Israele però nega che siano piene di carburante. «Contrariamente a quanto riferito da alcuni media, non è entrato oggi combustibile dall’Egitto a Gaza, attraverso il valico di Rafah», ha precisato il Coordinatore delle attività israeliane nei Territori, citato dalla televisione pubblica Kan. «I camion ripresi dalle telecamere – ha aggiunto – hanno spostato combustibile all’interno della Striscia, da un deposito dell’Onu nel versante di Gaza (di Rafah, ndr) verso ospedali della Striscia». Il direttore della Mezzaluna Rossa palestinese, Mahmud a-Neirab, ha intanto affermato che a quanto gli risulta non sono entrati oggi dall’Egitto camion con aiuti umanitari. Di fronte agli appelli urgenti per la introduzione a Gaza di scorte di combustibile a fini umanitari, il portavoce militare israeliano Avichay Adraee ha sostenuto oggi che Hamas ha provveduto per tempo a mettere da parte un’ingente quantità di diesel nella zona di Rafah (a sud della Striscia, ndr). Essa – ha notato sul profilo X, in arabo, Adraee – «potrebbe servire agli ospedali, alla igiene e agli impianti di depurazione d’acqua». Adraee è tornato quindi ad accusare Hamas di subordinare ai propri interessi quelli della popolazione di Gaza.
120 neonati rischiano di morire
Sull’altro fronte, ci sono almeno 120 bambini nelle incubatrici degli ospedali della striscia di Gaza – di cui 70 con ventilazione meccanica – che rischiano di morire a causa del prossimo esaurimento del carburante necessario ad alimentare i generatori di corrente delle strutture sanitarie del lembo di terra che Israele assedia da giorni. A farlo sapere è l’Unicef, l’agenzia dell’Onu per l’infanzia. Se la situazione non dovesse risolversi, i neonati rischierebbero di sommarsi ai 1.750 minori già uccisi dagli attacchi israeliani alla striscia di Gaza in corso dal 7 ottobre, quando dal territorio palestinese erano partiti migliaia di missili in direzione di Israele. L’energia elettrica è fondamentale per i sette reparti specializzati di Gaza. Senza di essa i bambini nati prematuramente spesso non possono respirare poiché i loro organi non sono sufficientemente sviluppati. Ma non è solo il carburante a mancare, avverte l’Unicef, l’allarme arriva anche per medicine e acqua. Secondo il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, circa 160 donne partoriscono ogni giorno a Gaza. Lo stesso fondo stima inoltre che ci siano 50 mila donne incinte in un territorio di 2,4 milioni di persone.
L’avviso degli USA di non recarsi in Iraq
Gli americani non si rechino in Iraq, per «rapimenti, terrorismo, conflitti armati e disordini civili». Lo afferma il Dipartimento di Stato Usa, che ha diramato un avviso di viaggio di livello 4 e ricordato che «la Missione in Iraq è stata limitata» e c’è «assistenza ridotta ai cittadini americani».
L’attacco israeliano alla moschea di Jenin
Nella notte tra sabato e domenica, un attacco aereo è stato lanciato su un complesso sotterraneo appartenente ad Hamas nella moschea di Al-Ansar, a Jenin, in Cisgiordania: lo hanno annunciato le Forze di Difesa israeliane. Nella struttura, sostiene l’Idf, si nascondeva una cellula terroristica che stava organizzando un attacco imminente. Il bilancio, al momento, sarebbe di un morto (un giovane) e tre feriti: lo riferisce l’agenzia palestinese Wafa citando il direttore della Mezzaluna Rossa palestinese di Jenin, Mahmoud Al-Saadi.
Attacchi più intensi su Gaza
Hamas ha reso noto che il bilancio dei raid notturni di Israele nella Striscia di Gaza è di «oltre 50 morti». Il capo dell’agenzia umanitaria dell’Onu Martin Griffiths ha espresso le sue speranze in merito al fatto che un secondo convoglio umanitario possa entrare oggi nella Striscia di Gaza. Nel frattempo, il Pentagono ha annunciato il dispiegamento di sistemi di difesa “in tutto” il Medio Oriente. Alta tensione e allerta da parte degli Usa, che vogliono rafforzare la loro presenza militare a causa della «recente escalation da parte dell’Iran e delle sue forze affiliate» nella regione.
Occhi puntati verso il Libano
Secondo quanto annunciato dal segretario alla Difesa Usa, Lloyd Austin, saranno schierati in tutta la regione «un sistema di difesa antimissile ad alta quota (THAAD) e diverse batterie di missili terra-aria Patriot» e «altri mezzi militari sono stati collocati in uno stato di “pre-schieramento». Nel frattempo Tel Aviv guarda verso il confine con il Libano, dove la situazione appare critica per i razzi degli Hezbollah e delle altre fazioni palestinesi è oramai altissima. L’esercito israeliano e il ministero della Difesa hanno annunciato la decisione di evacuare altre 14 comunità israeliane a ridosso del confine, mentre già la settimana scorsa è stata avviata l’evacuazione di 28 altre comunità e della di Kiryat Shmona.
(foto EPA/ATEF SAFADI)