La nuova giravolta di Erdogan: «Hamas? Liberatori non miliziani». Annullato il viaggio in Israele
I miliziani di Hamas? Sono «liberatori, non terroristi». I bombardamenti di Israele su Gaza? «Crimini premeditati contro l’umanità». La risposta di Tel Aviv agli attacchi del 7 ottobre? «Più simili a quelli di un’organizzazione che di uno Stato». Mentre la diplomazia internazionale si muove in punta di piedi per scongiurare un allargamento del conflitto in Medio Oriente, Recep Tayyip Erdogan interviene sulla recente escalation militare senza usare giri di parole. In un discorso al gruppo parlamentare del suo partito Akp, il presidente turco è tornato a esprimersi sulle tensioni tra Israele e Palestina, con prese di posizione che – al netto dei toni piuttosto duri – sono in continuità con la linea assunta finora da Ankara in politica estera. «Non abbiamo problemi con lo Stato di Israele ma non abbiamo mai approvato le atrocità commesse e il suo modo di agire, simile a un’organizzazione più che a uno Stato», ha detto Erdogan ai suoi parlamentari. Il nome del leader turco rientra nella lista dei capi di Stato che non hanno condannato l’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre scorso. E oggi, poco dopo il suo intervento in parlamento, Erdogan ha annunciato che cancellerà la sua visita programmata nello Stato ebraico.
I legami con Hamas
Nei giorni scorsi, il governo di Ankara si è offerto in più occasioni di fare da mediatore tra le due parti per raggiungere un accordo sul rilascio degli ostaggi israeliani e ottenere un cessate il fuoco sulla Striscia di Gaza. A rendere particolare il coinvolgimento di Erdogan in Medio Oriente è il fatto che il suo Paese – membro della Nato dal 1952 – sostiene Hamas già dal 2011. Dopo l’attacco sferrato contro Israele lo scorso 7 ottobre, Washington ha fatto pressione affinché Ankara tagliasse ogni rapporto con i miliziani palestinesi, considerati un’organizzazione terroristica da Stati Uniti, Unione Europea e non solo. La risposta di Erdogan però ha deluso le speranze americane e – senza mai lodare Hamas fino a oggi – si è dimostrata solidale innanzitutto con il popolo palestinese. «Nessuno prende a cuore una struttura che ignora la brutale uccisione dei bambini, siamo profondamente rattristati dallo stato di impotenza in cui le Nazioni Unite sono decadute», ha detto oggi il presidente turco a proposito della situazione a Gaza. «Chiedo – ha aggiunto – che tutti i Paesi con mente e coscienza di fare pressione sul governo Netanyahu affinché lo Stato di Israele abbia un po’ di buon senso».
Il difficile rapporto con Israele
A conferma del buon sangue che scorre tra Turchia e Palestina basterebbe ricordare che fu proprio Erdogan a organizzare lo scorso luglio l’incontro tra Abu Mazen, presidente dell’Autorità nazionale palestinese, e Ismail Haniyeh, a capo dell’ufficio politico di Hamas. L’incontro si tenne al Cairo e non centrò l’obiettivo l’obiettivo di riconciliare le due anime della causa palestinese, ma conferma il ruolo chiave che la Turchia ambisce ad avere in Medio Oriente. A questo si somma poi il rapporto, decisamente più altalenante, con Israele. L’origine delle tensioni tra Ankara e Tel Aviv, ricordava qualche giorno fa un articolo apparso su Foreign Policy, risale almeno al 2010, quando Erdogan autorizzò una piccola flotta di navi turche a rompere il blocco navale israeliano e consegnare aiuti a Gaza. Questo episodio scatenò un incidente diplomatico e raffreddò le relazioni tra i due Paesi. Nel 2022, la visita in Turchia del presidente israeliano Isaac Herzog sembrò inaugurare una nuova fase di collaborazione. Ora, di fronte alla recente escalation, in molti aspettavano di capire come si sarebbe mosso il governo di Ankara. E le dichiarazioni rilasciate in questi giorni da Erdogan sembrano suggerire che una delle due parti – quella palestinese – resta l’interlocutore privilegiato del presidente turco.
Credits foto: EPA/Necati Savas | Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan durante una conferenza stampa ad Ankara, in Turchia (10 ottobre 2023)