Palermo, prete esclude bambina con autismo dal catechismo. La curia la accoglie: «Sarà sempre ben accetta»
Potrà frequentare il catechismo come tutti i suoi coetanei la bambina di sette anni affetta da disturbi autistici, che era stata respinta dal parrocco di Sant’Oliva a Palermo. In una nota la curia palermitana ha detto di voler aprire le porte alla bambina e alla sua famiglia, anche se di un’altra diocesi. «Vogliamo innanzitutto rassicurare la famiglia – spiega la nota della curia – che la piccola sarà sempre bene accetta e, con l’eventuale nulla osta del parroco proprio, potrà frequentare il percorso di catechesi come tutti gli altri bambini, ivi compresi i tanti piccoli con bisogni educativi speciali che sono parte integrante di molte comunità parrocchiali». Lo scorso sabato, il parroco che aveva negato alla piccola di frequentare il catechismo, don Vincenzo Monaco, aveva spiegato alla madre: «Disturba, corre per la chiesa e non ha consapevolezza di cosa sta facendo. Non siamo in grado di gestirla, non si tratta di discriminare una bambina disabile ma di permetterle di partecipare al catechismo in condizioni di sicurezza», avrebbe sottolineato il parroco. Secondo quanto ricostruito da Palermo Today, che ha sollevato il caso, la scelta di escludere la piccola non sarebbe legata a un fattore anagrafico ma alla sua disabilità. Qualcosa di simile era già successo a Teramo. I genitori avrebbero voluto che la piccola ricevesse il sacramento con il fratello più grande di 8 anni, ma il loro desiderio per ora non potrà essere soddisfatto, almeno a Palermo. Infatti, la famiglia è residente a Monreale e sono stati reindirizzati alla loro arcidiocesi. Oltre a questo la chiesa di Sant’Oliva avrebbe avanzato altri problemi: l’età della bambina, troppo giovane, e la mancanza di documenti. Ma per la madre della piccola sono tutte scuse: «Mi è stato detto di portarla in un’altra parrocchia della zona dove vengono accettati i bambini come mia figlia. Questa non è inclusione». Il parroco avrebbe anche sostenuto di non esser mai stato aiutato dalla famiglia nella gestione della bambina. La questione è ancora aperta, ma in gioco non c’è tanto un sacramento quanto i diritti di una bambina che già alla sua tenera età si vede discriminata.
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