Pensano che sia la casa di un boss e sfondano la porta, lui li scambia per ladri e vuole sparare. Il cortocircuito al blitz antimafia
«Apri o sfondiamo la porta…», avevano urlato le forze dell’ordine fuori dall’appartamento di un artigiano di Customaci, convinti com’erano che quella fosse la casa del boss Vito Manzo, coinvolto in una recente retata contro le famiglie mafiose in provincia di Trapani. L’operazione antimafia interforze Scialandro alle 3 di notte stava portando già all’arresto di 21 persone. Mancava Manzo, ma mentre gli agenti cercavano di sfondare la porta, dentro una donna urlava: «Vito non aprire…». Fatalità ha voluto che in quell’abitazione c’era un uomo di nome Vito, omonimo del boss che aveva raccontato di un incontro con Messina Denaro in un’intercettazione. Ma non era il mafioso ricercato. Un ufficiale ha sparato un colpo per aprire la serratura. Il malcapitato Vito ha chiamato il 112 per denunciare quello che pensava fosse un tentativo di rapina. L’uomo aveva anche imbracciato il fucile, determinato ormai a voler affrontare quelli che pensava fossero ladri. Una volta sfondata la porta, poliziotti e carabinieri hanno trovato il povero Vito ancora al telefono con la centrale operativa mentre raccontava la situazione drammatica che stava vivendo. Quando l’artigiano 50enne ha realizzato quel che stava accadendo non ci ha visto più: ha impugnato il fucile e minacciato di sparare. A quel punto poliziotti e carabinieri non hanno potuto far altro che arrestarlo per resistenza a pubblico ufficiale. Passata la concitazione di quei momenti, Vito ha esclamato: «Ma che volete da me?». Militari e agenti hanno capito di essere capitati nella casa sbagliata. Ma ormai l’artigiano era in arresto. Il pm ha chiesto la convalida del fermo, il giudice lo ha accontentato, ma non ha disposto nessuna misura restrittiva per il 50enne, che è risultato incensurato. L’uomo dovrà comunque difendersi dall’accusa di resistenza a pubblico ufficiale.
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