L’Iran presiederà il Forum Onu per i diritti umani. Esplode la protesta: «Anche gli altri Stati hanno le loro responsabilità sulla nomina»
Il Forum sociale del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani da giovedì 2 novembre sarà presieduto dall’Iran. La scelta, che ha scatenato inevitabilmente una serie di proteste internazionali, risale a inizio maggio. Nella lettera firmata dal presidente dell’Agenzia Onu per i rifugiati, Vaclav Balek, viene infatti annunciata la nomina di Ali Bahreini, l’ambasciatore e rappresentante permanente della Repubblica Islamica dell’Iran alle Nazioni Unite, come presidente dell’incontro annuale inerente «il contributo della scienza, della tecnologia e dell’innovazione alla promozione dei diritti umani, anche nel contesto della ripresa post-pandemia». All’epoca il Centro per i Diritti Umani in Iran (Chri) aveva bollato la designazione di Bahreini «un oltraggio» e richiesto inoltre l’immediato ritiro. «La nomina di un funzionario iraniano a presiedere un organo dell’Unhrc, mentre il Consiglio sta indagando sul massacro di centinaia di manifestanti pacifici da parte della Repubblica islamica, riflette una scioccante cecità etica», il messaggio di Hadi Ghaemi, direttore del Chri, che ha posto l’accento sulla repressione da parte delle autorità iraniane in seguito alle proteste scoppiate dopo la morte di Mahsa Jina Amini.
Il meccanismo che ha portato alla nomina dell’Iran
Il presidente-relatore del forum organizzato al fine di «promuovere la coesione sociale basata su principi di giustizia sociale, equità e solidarietà», viene designato ogni anno dal Consiglio dei diritti umani tra i candidati nominati dai gruppi regionali: America Latina e Caraibi, gruppo africano, dell’Europa orientale, dell’Asia-Pacifico (non appartenenti a nessun gruppo, Paesi osservatori e territorio neutrale). Ma le nomine in questione, stando alla giornalista tedesco-iraniana Gilda Sahebi, non sarebbero pervenute al Consiglio: «All’inizio di aprile i gruppi regionali sono stati chiamati a formulare proposte. L’unico gruppo che ha risposto all’appello è stato il gruppo regionale dell’Asia-Pacifico, che ha nominato il rappresentante iraniano», si legge su X. A questo punto «il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite è stato costretto a nominarlo» in base alle norme esistenti. Regole, queste, che non dovrebbero permettere «al rappresentante di un regime che commette i più gravi reati contro i diritti umani di diventare presidente», ma anche gli altri Stati, facenti parte dei vari gruppi regionali, hanno le loro responsabilità. In sintesi: «Non sono stati all’altezza – scrive Sahebi -, non proponendo alternative».
Sulla questione è inoltre intervenuto a fine luglio l’Alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, che si era difeso ribadendo che la nomina di Bahreini era legata alla rotazione regionale «in linea con le procedure stabilite delle Nazioni Unite» e ricordando, tra le altre cose, come l’Unione abbia intrapreso «azioni diplomatiche per condannare fermamente le violazioni dei diritti umani da parte delle autorità iraniane e la repressione dei manifestanti all’indomani della morte di Amini in custodia della polizia». La giustificazione di Borrell è stata tuttavia contestata dall’Ong Un Watch, l’organizzazione non governativa con sede a Ginevra che ha l’obiettivo di monitorare le prestazioni delle Nazioni Unite sulla base della propria Carta. Quest’ultima ha infatti ricordato come il gruppo asiatico, a cui appartiene appunto l’Iran, abbia «ricoperto la posizione quattro volte negli ultimi sei anni, negando rotazioni a diversi altri gruppi regionali». La designazione della repubblica islamica, sostiene Hillel Neuer, direttore esecutivo della Ong, «può essere annullata da una riunione speciale del Consiglio prima di giovedì». A tal proposito, è stata firmata una petizione globale da oltre 90mila persone che chiedono alle Nazioni Unite di revocare, prima dell’inizio del vertice, la presidenza iraniana del forum sui diritti umani.
May 12, 2023
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