Bologna, l’ingegnere che ha raddrizzato la Torre di Pisa: «Per salvare la Garisenda bisogna prima capire perché si muove»
Per l’ingegnere Nunziante Squeglia, membro del comitato presieduto da Michele Jamiolkowski, che gestì l’intervento di stabilizzazione della torre di Pisa, per salvare la Garisenda di Bologna «bisogna prima capire perché si muove». Il monumento simbolo della città emiliana, insieme alla torre degli Asinelli, è stato transennato negli ultimi giorni a causa di alcune «oscillazioni anormale». Di qui, la decisione dell’amministrazione comunale di chiudere la centrale piazza di Porta Ravegnana, sotto le Due Torri, fino alla fine del restauro del monumento. «Le strutture molto antiche, come la torre di Pisa e la Garisenda, hanno bisogno di cure particolari, come capita alle persone anziane. A Pisa abbiamo fatto un’estrazione controllata di terreno, dalla parte in cui la torre non pende. Questa scelta è stata la conseguenza della diagnosi. A Bologna si potrebbe fare la stessa cosa solo se il problema fosse lo stesso», ha detto Squeglia a la Repubblica. Per l’ingegnere, docente di Geotecnica all’Università di Pisa, è necessario «mettere insieme i dati e ricondurli a una causa, esattamente come fa un medico davanti alle analisi di una signora molto avanti con gli anni, che di acciacchi ne ha accumulati tanti».
Torre di Pisa e Torre Garisenda di Bologna
La vicenda della Torre di Pisa può rappresentare una lezione per la Garisenda, spiega il professore, solo «se il problema fosse quello del terreno», come lo era per il monumento-simbolo della città toscana. L’intervento alla Torre di Pisa, mai effettuato prima al mondo, aveva come obiettivo quello di «ottenere un miglioramento delle condizioni statiche. Non si trattava solo di ridurre la pendenza della torre», ha spiegato l’ingegnere. Questo perché «il problema della torre di Pisa che rischiava di crollare in prospettiva – ha sottolineato Squegli -, era legato al terreno. Soffriva di un problema di stabilità dell’equilibrio, cioè era ed è ancora oggi troppo alta rispetto a quello che il terreno su cui posa consente di sopportare in termini di stabilità. La riduzione di pendenza ha fatto sì che il terreno diventasse più rigido, proprio sfruttando il comportamento meccanico del suolo».
L’importanza della «diagnosi»
Per questo motivo, è fondamentale – secondo il professore – «la diagnosi», altrimenti «si sbaglia la cura». La Torre di Pisa, ad esempio, «è stata chiusa al pubblico per 10 anni, dal 1992 al 2001 e sono cominciate allora misure sistematiche, che hanno mostrato come nel tempo aumentava la sua inclinazione e questo l’avrebbe portata a ribaltarsi», ha affermato. Negli anni in cui il monumento è rimasto chiuso e sono state effettuate le estrazioni del terreno, «la torre – ha continuato l’ingegnere – è stata dotata di un sistema di salvaguardia, che consisteva in una coppia di tiranti, in grado di applicare azioni stabilizzanti se necessario. Nel caso della torre sono state installate e mai usate, ma mantenute in condizioni operative fino a poco prima del Covid, pronte per essere installate al bisogno. Dal 1993 fino al 2001 sul lato nord c’erano lingotti di piombo che dovevano fare da contrappeso per bloccare l’incremento di pendenza. Non potevamo rischiare di perdere il paziente mentre ne stavamo studiando il caso», ha concluso.
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