Meloni dopo lo scherzo telefonico: «Non sono un alieno, ecco perché ho parlato di stanchezza sull’Ucraina»
La discussione sulla guerra in Ucraina non è stata oggetto del Consiglio dei ministri di oggi, 3 novembre. Ma diverse domande rivolte a Giorgia Meloni durante la conferenza stampa vertono sul tema, riemerso nel dibattito italiano dopo che è stato pubblicato lo scherzo telefonico dei due comici russi Vovan e Lexus. Credendo di parlare con un leader africano, la presidente del Consiglio poteva essere fraintesa su un possibile disimpegno dell’Italia nel sostegno a Kiev. In quella conversazione, aveva parlato di «stanchezza» dei partner dell’Ucraina, dovuta anche al protrarsi di una situazione di stallo nei territori occupati dai russi. «Riguardo alla “stanchezza” non ho detto niente di nuovo. Sono consapevole del fatto che le opinioni pubbliche, anche la nostra, soffrono per le conseguenze del conflitto. L’avevo detto anche in Parlamento», ha esordito Meloni, riprendendo un ragionamento esposto quel giorno. Se l’Europa rivedesse il bilancio pluriennale tenendo conto solo delle esigenze ucraine, senza aiutare i cittadini dei Paesi membri «che pagano le conseguenze del conflitto, non aiuteremmo l’Ucraina a difendersi». Come mai? «Perché in democrazia c’è bisogno anche del sostegno dell’opinione pubblica. Non è che sono un alieno e non mi rendo conto che tra inflazione, prezzi dell’energia e flussi migratori non ci sono delle conseguenze», per i cittadini italiani.
Nella telefona, si è difesa, «da persona che ha la presunzione di capire l’umore, ho detto una cosa che tutti sanno». Detto ciò, Meloni ha rivendicato il fatto che l’Italia sia stata una certezza per Kiev e ha ribadito che non ci sono altre strade se non quella della vittoria ucraina. «Ma questo non vuol dire che non bisogna essere consapevoli di quella “stanchezza”». E ha proseguito: «L’unica possibilità che abbiamo è mettere l’Ucraina nella situazione di avere un equilibrio nel conflitto, che è l’unica condizione base per arrivare eventualmente a una soluzione negoziale». In conclusione, il capo dell’esecutivo ha esteso l’argomentazione agli altri scenari internazionali: «Quello che sta accadendo nel mondo è anche figlio dell’invasione russa dell’Ucraina. Se saltassero le regole del diritto internazionale, vedremmo i focolai moltiplicarsi. Se lasciassimo passare il principio che chi è militarmente più forte possa liberamente invadere il suo vicino, ci ritroveremmo in un mondo di caos, che impatterebbe su di noi. Questa è la ragione per cui aiutare l’Ucraina a difendersi è un modo di difendere anche il nostro interesse nazionale. Stiamo assistendo a una moltiplicazione dei focolai di crisi, penso ovviamente alla vicenda di Hamas, ma anche del Nagorno Karabakh, del confine tra Serbia e Kosovo. Io credo che sia tutto figlio dell’aggressione russa, non è il momento di abbassare la guardia sull’Ucraina».
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