Patrizia Scurti: chi è la segretaria di Giorgia Meloni che le ha passato la telefonata fake
Patrizia Scurti è la segretaria particolare di Giorgia Meloni. Negli anni si è guadagnata l’appellativo di «la mia padrona» (glielo ha dato la premier) e de «la sua Kissinger» (Il Foglio). Scurti, racconta oggi Repubblica, ha «autorizzato» la telefonata fake di Vovan & Lexus. I consiglieri diplomatici di Palazzo Chigi si sarebbero «fidati del suo via libera», anche se in realtà, come si è spiegato nei giorni scorsi, all’Ufficio competeva sia il primo controllo che quello successivo richiesto dalla premier. All’epoca delle dimissioni di Mario Sechi da portavoce si parlò di contrasti proprio con Scurti. Il suo stipendio ammonta a quasi 180 mila euro l’anno (lordi). E il Fatto Quotidiano oggi scrive che Meloni avrebbe ottenuto le dimissioni di Francesco Talò anche per evitare che il caso si allargasse al suo staff.
Il marito caposcorta
Scurti lavora per Meloni da 18 anni. Segnalata da Gianfranco Fini dopo che Donato La Morte l’aveva “scoperta”. Secondo un retroscena di Repubblica Fini convocò Meloni per dirle che l’aveva proposta come vicepresidente della Camera ma la pregò di «accollarsi» Scurti. Attualmente lei gestisce l’agenda, filtra gli incontri e vi partecipa, da Biden a Xi Jinping. Il suo ufficio si affaccia su Piazza Colonna. E segue anche la dieta della premier. La sua risposta preferita è «già fatto» perché in molti la descrivono come un mostro di efficienza. Suo marito fa il caposcorta della presidente del Consiglio. Sul profilo Whatsapp ha l’immagine di lei abbracciata a Meloni. Solo Alfredo Mantovano può parlare a tu per tu con la premier senza la sua mediazione. Chi fa paragoni la mette a confronto con Vincenza Enea, storica segretaria particolare di Giulio Andreotti, o Marinella Brambilla per Silvio Berlusconi.
L’acqua per Giorgia
Il Corriere della Sera racconta che Scurti ha anche un’altra capacità particolare. È in grado di comprendere quando Meloni ha bisogno di acqua: «Patrizia sa prima di Giorgia che Giorgia starà per tossire e si premurerà di farle trovare davanti un bicchiere d’acqua». Nella pagina del sito ufficiale del governo dedicata alla trasparenza viene definita “capo della segreteria particolare” della presidente del Consiglio dei ministri. A differenza di altri componenti dello staff, per lei non c’è un collegamento ipertestuale. Di lei non si conoscono data né luogo di nascita. Non si conoscono dettagli sul titolo di studio. La nipote Camilla Trombetti, che è nata nel 1989, da consulente dell’Ufficio studi di Fratelli d’Italia è passata alla segreteria particolare del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. Ma ha anche vinto un concorso da assistente parlamentare.
L’esperienza sul campo
Secondo Il Fatto a Scurti si contesta da più parti la mancanza di esperienza sul campo. Non ha dirette responsabilità nella vicenda della telefonata fake. Ma un segretario particolare di un capo di governo non dovrebbe inoltrare una mail all’ufficio diplomatico con questa facilità, spiegano le fonti interpellate. Il ministro degli Esteri Tajani ha parlato di «sciatteria e superficialità» proprio per tutelare l’onorabilità degli altri diplomatici italiani. E da quegli ambienti ora si biasima anche la scelta di addossare tutta la responsabilità a Talò. Mentre da qualche tempo si critica anche la decisione di non condividere con nessuno l’agenda della premier. Questo è stato il motivo dell’addio di Sechi, secondo il quotidiano.
La prima volta
Scurti è anche l’unica che partecipa (insieme a consiglieri diplomatici ed eventuali traduttori) a tutti gli incontri e i bilaterali istituzionali con gli omologhi europei e del mondo. Anche con quello con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky il 21 febbraio scorso. «È la mia padrona», ha detto di lei Meloni. A Palazzo Chigi sono ancora più chiari: «Decide qualunque cosa: dalle nomine allo staff fino agli appuntamenti della premier», spiega al quotidiano un funzionario della Presidenza del Consiglio. Nel suo libro Io sono Giorgia, Meloni ha scritto che Scurti «non sbaglia mai». Ma c’è sempre una prima volta. O no?