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La Casa Bianca avverte Netanyahu: «No alla rioccupazione di Gaza». Media Usa: «Biden ha chiesto 3 giorni di stop ai combattimenti»

07 Novembre 2023 - 21:20 Redazione
Secondo Axios, in queste ore sarebbe in corso una trattativa tra Usa, Israele e Hamas, con la mediazione del Qatar, per liberare almeno 10 ostaggi e ottenere un elenco completo dei nomi ancora nelle mani di Hamas

Il presidente Usa Joe Biden avrebbe chiesto tre giorni di stop ai combattimenti al premier israeliano Benjamin Netanyahu. Secondo Axios che cita alcune fonti, la richiesta della Casa Bianca punta a concedere spazio alla trattativa per il rilascio degli ostaggi israeliani sequestrati da Hamas. Biden avrebbe avanzato la proposta durante la telefonata di ieri, 6 novembre, con il premier israeliano. Secondo Axios, in queste ore si discute tra Stati Uniti, Israele e Hamas con la mediazione del Qatar per il rilascio di almeno 10 ostaggi. La pausa di tre giorni servirebbe anche a verificare l’identità di tutti gli ostaggi e ottenere un elenco completo dei nomi. Dalla Casa Bianca in giornata era anche partito l’avvertimento nei confronti di Netanyahu, che aveva parlato di «garantire la sicurezza di Gaza» dopo la fine della guerra. Il portavoce del consiglio di sicurezza nazionale, John Kirby, aveva spiegato che Biden «ritiene che la rioccupazione di Gaza da parte di Israele non sia la cosa giusta da fare».

Il futuro di Gaza secondo Netanyahu

A un mese dal feroce attacco di Hamas, cui lo Stato ebraico ha risposto con la più massiccia operazione militare mai lanciata su Gaza, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha fatto sapere, in un’intervista su Abc News, come «il suo Paese avrà la responsabilità generale della sicurezza» nella Striscia «per un periodo indefinito» dopo il conflitto. «Abbiamo visto cosa succede quando non ce l’abbiamo. Quando non abbiamo questa responsabilità in materia di sicurezza, vediamo l’esplosione del terrore di Hamas su una scala che non potevamo immaginare», sottolinea il premier che allontana nuovamente l’ipotesi di «un cessate il fuoco senza il rilascio dei nostri ostaggi». Mentre «per quanto riguarda le piccole pause, un’ora qui, un’ora là, le abbiamo già avute», ha detto il premier. Ciò che farà il governo, sarà invece controllore «le circostanze, in modo da consentire ai beni, ai beni umanitari, di entrare, o ai nostri ostaggi, singoli ostaggi, di andarsene», conclude Netanyahu. Alle sue parole hanno fatto eco in giornata quelle dell’ex capo di stato maggiore e alleato/avversario di Netanyahu Benny Gantz: Israele non intende certo «cancellare Gaza», ha detto Gantz incontrando alcuni abitanti della zona del sud di Israele. «Gaza non sarà cancellata, resterà lì con Khan Yunes e Rafah anche il giorno dopo la guerra. Ma noi faremo in modo che da là non provengano più minacce, e che possiate dunque tornare alle vostre case», ha detto il leader centrista.

E secondo Tajani

La visione della comunità internazionale per il dopoguerra – inclusi gli alleati occidentali – appare ben diversa da quella delineata da Netanyahu. Lo hanno confermato le parole del ministro degli Esteri italiani Antonio Tajani, impegnato in queste ore nella riunione dei ministri degli Esteri del G7 a Tokyo. «Israele è un Paese in guerra, però io credo che si debba continuare a lavorare per la stabilità e la de-escalation», ha detto Tahani, richiamando agli obiettivi finali «della soluzione due popoli e due Stati e della pace». Per Gaza, in particolare, «dovrà esserci una fase di transizione: può esserci ad esempio una presenza tipo quella in Libano dell’Unifil», ha detto il ministro del governo Meloni, secondo cui «da questo punto di vista si può trovare un accordo, ne abbiamo parlato e continueremo a parlarne». Una missione che non potrebbe comunque che essere a tempo. E dopo? «Certamente ci vuole tempo, ma noi siamo per far sì che il popolo palestinese sia fuori da questa guerra e che Hamas sia fuori dalla Palestina. Noi crediamo molto nell’Anp, che può essere un interlocutore per il futuro, come lo è oggi», ha detto ancora Tajani da Tokyo.

Raid sulla Striscia e scontri in Cisgiordania

Nel frattempo, 14 persone – riporta il ministero della Sanità controllato da Hamas – sono state uccise nella notte in un raid della truppe israeliane a Rafah, nel Sud della Striscia. La Mezzaluna Rossa, corrispondente alla Croce Rossa, ha inoltre riferito di un attacco aereo dell’Idf nel pressi dell’ospedale al-Quds di Gaza City. Continuano, inoltre, gli scontri in Cisgiordania tra i civili e l’esercito israeliano. Un palestinese è stato ucciso oggi – martedì 7 novembre – nel villaggio di Sair, vicino Hebron. Lo hanno reso noto fonti mediche, citate dall’agenzia Wafa. Lo scontro è avvenuto durante l’operazione di mappatura dell’abitazione di un 16enne palestinese, accusato dall’esercito di aver ucciso il mese scorso una poliziotta israeliana in Città Vecchia a Gerusalemme (la mappatura di una casa avviene ai fini della sua distruzione). 

Gli aiuti umanitari nella Striscia

Nella Striscia di Gaza continuano intanto ad entrare gli aiuti umanitari. La Mezzaluna palestinese ha fatto sapere che «quasi 100 camion» sono arrivati nella giornata di ieri a Gaza dal valico di Rafah. L’organizzazione ha dichiarato di «aver ricevuto 93 carichi con cibo, acqua, attrezzature mediche e farmaci dalla Mezzaluna rossa egiziana». Dal 21 ottobre sono 569 i mezzi arrivati sulla Striscia, con una media di circa 33 al giorno.

L’avanzata di Israele

Le forze israeliane sono alle porte di Gaza, la città in cui vive circa un terzo della popolazione della Striscia (2,3 milioni di persone), e si preparano ad entrarvi per sferrare l’assalto più diretto e rischioso ad Hamas, che nella città ha uomini, rifugi, tunnel e armi. Nella giornata di oggi l’Idf ha dato ai civili palestinesi una finestra di 4 ore di tempo per lasciare la città prima dell’inizio della battaglia. Immagini condivise su X dallo stesso esercito mostrano una folla di persona abbandonare la città, diretti verso Sud con le mani in alto e le bandiere bianche in bella vista. La battaglia, a questo punto, potrebbe iniziare a momento. «Per la prima volta da decenni stiamo combattendo nel cuore di Gaza City, nel cuore del terrore», ha detto Yaron Filkelman, comandante del fronte sud di Israele, aggiungendo – alludendo alle possibili vittime tra i suoi soldati – che «questa è una guerra complessa e difficile e sfortunatamente ha i suoi costi». Secondo il ministero della Salute di Gaza, gestito da Hamas, il bilancio delle vittime tra i palestinesi dall’inizio della guerra, un mese fa esatto, è ormai di oltre 10mila, di cui oltre 4mila minori.

Foto di copertina: Un’unità di artiglieria dell’esercito israeliano nei pressi del confine sud con la Striscia di Gaza – 6 novembre 2023 (Ansa – EPA/ABIR SULTAN)

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