La scelta della Commissione: «Aprire subito negoziati per l’adesione di Ucraina e Moldavia». Delusione Balcani: «Lontani dall’ingresso Ue»
La Commissione europea raccomanda al Consiglio Ue – ossia ai rappresentanti degli attuali 27 Stati membri – di aprire formalmente i negoziati di adesione con l’Ucraina e la Moldavia, i due Paesi dell’ex blocco sovietico cui era stato assegnato lo status di candidati a giugno 2022, a pochi mesi dall’inizio della guerra russa contro Kiev. Per entrambi i Paesi restano sforzi da compiere per allineare i sistemi politici, giuridici ed economici agli standard Ue, ragion per cui la Commissione raccomanda al Consiglio di aprire gli effettivi «framework negoziali» con i due Paesi est-europei una volta che questi avranno adottato «certe misure chiave». Ma come anticipato da Ursula von der Leyen sabato scorso a Kiev, in tempo di guerra la Commissione ha voluto lanciare un segnale chiaro di sostegno all’Ucraina e alla Moldavia, altro Paese minacciato più o meno esplicitamente nell’ultimo biennio dalla Russia. A dicembre dunque i capi di Stato e di governo dovrebbero far partire il processo di adesione, suggerisce la Commissione: poi a marzo arriverà un nuovo rapporto sui progressi realizzati (o meno). L’altro Paese in predicato di avanzare dalla semplice candidatura all’apertura di negoziati di adesione è la Bosnia-Erzegovina, altro Stato la cui situazione politica è fonte di più di qualche preoccupazione a Bruxelles, che ha fretta di contribuire alla sua stabilizzazione. In questo caso la raccomandazione ai governi è di aprire i negoziati «una volta che il grado necessario di convergenza con i criteri per la membership sarà stato raggiunto». Anche in questo caso l’appuntamento è rinviato almeno a marzo 2024, quando arriverà il nuovo rapporto sui progressi eventualmente realizzati in questo senso.
Spine nei Balcani
Quanto agli altri Paesi della regione balcanica, nessuna novità di altrettanto rilievo. La Commissione apprezza i progressi e l’impegno posto nella traiettoria di avvicinamento di alcuni di essi – dall’Albania cara a Meloni alla Macedonia del Nord, dalla Kosovo al Montenegro. Ma per nessuno di essi – tanto meno la Serbia – la situazione è considerata al momento tale da poter procedere oltre lo status di Paesi candidati. «Attualmente il livello e la velocità di convergenza tra i partner dei Balcani occidentali e l’Ue non sono soddisfacenti, né in termini di processi di riforma né di convergenza socioeconomica, e frenano i loro progressi sulla strada dell’Ue. Pertanto, è necessario avviare e incentivare i preparativi dei Balcani occidentali per l’adesione all’Ue, anticipando alcuni dei suoi benefici, soprattutto in modi che possano essere percepiti direttamente dai cittadini dei Paesi dei Balcani occidentali», si legge nel nuovo “piano di crescita” per l’area presentato dalla Commissione unitamente ai rapporti d’avanzamento su ciascuno dei Paesi candidati. Ad ottenerle tale status invece – ancora nello spazio geopolitico di ex “competenza” sovietica – dovrebbe essere invece la Georgia, si legge ancora nel pacchetto di raccomandazioni della Commissione, «nell’intesa che una serie di step siano presi (da Tbilisi in direzione dell’allineamento agli standard Ue, ndr)».
L’allargamento come segnale geopolitico: i messaggi di von der Leyen e Borrell
«L’allargamento una politica vitale per l’Unione europea. Il completamento dell’Unione è il suo orizzonte naturale, e in questo preciso momento ha anche una forte logica economica e geopolitica, ha detto la presidente della Commissione Ursula von der Leyen commentando il «pacchetto allargamento» 2023 adottato stamattina dall’esecutivo Ue. Ricordando come «gli allargamenti del passato hanno dimostrato enormi benefici tanto per i Paesi entrati quanto per l’Ue intera. Vinciamo tutti». Di «pacchetto storico» ha parlato anche l’Alto rappresentante Ue per la politica Estera Josep Borrell, che con von der Leyen ha avuto più di qualche frizioni nelle ultime settimane sulle scelte internazionali strategiche, dal memorandum con la Tunisia sui migranti alla postura sul conflitto Israele-Hamas. «Completare la nostra Unione è il miglior investimento nella pace, nella sicurezza e nella prosperità del nostro continente», ha sottolineato Borrell.