Grillo torna in tv e viene massacrato dai giornali: ma per Fazio è record di ascolti sul Nove
Se la quinta puntata di Che Tempo Che Fa fa registrare il record di ascolti – fin qui – per il talk show di Fabio Fazio trasferitosi sul Nove dopo 20 anni in Rai, non tutti gli spettatori sono rimasti particolarmente colpiti dall’intervento del super ospite, il fondatore del Movimento 5 Selle Beppe Grillo. La stroncatura più forte arriva dalle pagine del Corriere della Sera ed è quella di Aldo Grasso, che liquida l’ospitata del comico come «una pagina non esaltante di tv, una scena già vista». Un’ora «di comizio», sottolinea l’editorialista, che non sa bene come definirla. «Imbarazzante? Inopportuna? Noiosa?», si chiede Grasso, «un’ora di autoassoluzione, di banalità politiche spacciata come show». Ma anche il giudizio di Massimo Giannini è drastico: «Uno show, più che un’intervista, pieno di confusione e per mischiare le carte», sostiene nel suo podcast Circo Massimo, «avendo ascoltato questa fluviale non-intervista dell’Elevato mi viene in mente un vecchio film di Ugo Tognazzi che si chiamava La tragedia di un uomo ridicolo. Non saprei definirlo diversamente». Per Massimiliano Panarari si è trattato di «un esaltato monologo», con «un repertorio sovreccitato, saltando di palo in frasca», scrive su La Stampa, soffermandosi sulle critiche all’avvocata Giulia Bongiorno, senatrice e legale della difesa ragazza che ha accusato di violenza il figlio di Grillo, Ciro: «Inopportuno, al limite della vergogna». Ma la puntata è stata un successo per gli ascolti. Il programma conquista il 12,1% di share, sfiorando i 2,5 milioni di spettatori, diventando il terzo programma più visto della serata dopo Rai 1 e Canale 5.
L’uomo politico
Grasso ricostruisce l’intervento del comico, con l’entrata in studio che coincide con «un vecchio espediente retorico dei giullari, autoaccusandosi prima che lo facciano gli altri» e l’ironia sulle persone da lui scelte per guidare il M5s, da Luigi Di Maio a Giuseppe Conte, ma «difendendo senza vergogna il reddito di cittadinanza, il Superbonus, persino i navigator». Il modo in cui vengono trattati due dei più importanti esponenti del M5s fa storcere il naso anche al giornalista Sebastiano Messina: «Di Conte dice che parlava e non si capiva niente, che era perfetto per la politica. Perciò gli ha affidato prima la guida del governo e poi il comando del partito. E se ne vanta. (Noi dovremmo ridere, secondo lui)». Grasso prosegue: «Siamo ancora qui a fare i conti con le macerie prodotto dai suoi “vaffa”, come comico ormai è un po’ in confusione e Fabio Fazio finge di non potergli fare le domande che si era preparato». Secondo il giornalista, il duetto Grillo-Fazio ricorda quello Corona-Berlinguer, con la differenza però che Mauro Corona «di danni al Paese non ne ha fatti». Ma la critica più diretta è un’altra, all’intero Movimento fondato da Grillo: «Ha preso un branco di scappati di casa, li ha spediti al Quirinale a giurare sulla Costituzione nelle mani del capo dello Stato, pronti a chiedere deficit e a spezzare le reni all’Europa e all’euro dei burocrati e poi li ha trasformati in lobbisti di sé stessi». Giudizio simile quello di Panarari: «Si è rivelato un comico triste che, dopo aver contribuito a peggiorare significativamente la qualità della politica nazionale, non fa neppure più ridere». Per questo il ritorno in tv di Grillo, a 9 anni dalla sua ultima apparizione nel 2014 da Bruno Vespa a Porta a Porta, per Grasso è solo il «goffo tentativo di ridare cittadinanza mediale a un signore che con gli sberleffi, la furia giustizialista, l’imbroglio politico» ha provocato «danni enormi» al Paese. In fondo arriva la critica anche anche al conduttore che l’ha ospitato: «Forse voleva sdoganare Grillo e dimostrare la propria indipendenza», ma ha fatto un favore al governo «mostrando di che pasta è fatta l’opposizione».
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