Piazzolla ingannò Gina Lollobrigida, condannato a Roma l’assistente della star: 3 anni di reclusione
«Credo di essere stato l’unico ad essersi preso cura di lei, con amore» : queste le poche parole pronunciate da Andrea Piazzolla, ex factotum dell’attrice Gina Lollobrigida (che secondo la difesa sarebbe stato «più di un figlio» per l’attrice scomparsa lo scorso 16 gennaio). Oggi si è presentato nelle vesti di imputato nel corso del processo di primo grado: secondo l’accusa avrebbe sottratto beni al patrimonio dell’artista approfittando della sua debolezza psichica, circonvenendola e inducendola a isolarsi dai familiari. Il tribunale ha accolto parzialmente la tesi della procura, condannando l’assistente a tre anni di reclusione, proponendo perà già di sostituire il carcere con una sanzione sostitutiva da definire con l’accordo del condannato. Piazzolla in aula ha continuato a difendersi spiegando: «Non ho mai visto a Subiaco (dove Lollobrigida, scomparsa il 16 gennaio 2023, è sepolta) nè il figlio né il nipote». Il riferimento è a Milko e Dimitri Skovic, costituitisi parti civili. La Procura aveva chiesto una condanna a 7 anni e mezzo di reclusione per Piazzolla. Alla condanna il tribunale ha aggiunto 2mila euro di multa e il risarcimenti alle parti civili (la provvisionale fissata è stata di mezzo milione).
L’inchiesta
Nello specifico, secondo l’accusa, Piazzolla avrebbe operato nel periodo che va dal 2013 al 2018. Sarebbe riuscito a indurre Gina Lollobrigida a nominarlo amministratore di diverse sue società e a effettuare la vendita di alcune proprietà. Lo scorso luglio, Piazzolla era stato rinviato a giudizio anche con due ulteriori accuse: appropriazione illecita del ricavato per la vendita della Jaguar dell’attrice – 130mila euro -, e autoriciclaggio. Il suo nome compare infine in un altro processo, incentrato sulla vendita di alcune opere d’arte presenti nella villa sull’Appia dell’artista.
L’ultima udienza
Oggi, 13 novembre, gli intricati rapporti familiari e la presunta deficienza psichica di Lollobrigida (che avrebbe aperto a Piazzolla lo spiraglio per insediarsi nella vita dell’attrice) sono stati al centro dell’ultima udienza dibattimentale, che ha poi portato alla sentenza. Negli anni, tra la diva e Piazzolla si era instaurato un legame affettivo. Dimostrato anche dal fatto che prima di morire la “Lollo” si era schierata dalla parte dell’accusato. La difesa ha infatti sottolineato che l’attrice stava attraversando un periodo estremamente buio della sua vita. E in quel contesto Piazzolla, con il suo entusiasmo e la sua giovinezza, le avrebbe fatto tornare la voglia di vivere. Legame di affetto che secondo l’accusa non dovrebbe tuttavia sorprendere e che, anzi: sarebbe il meccanismo tipico alla base della circonvenzione.
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