Come funziona il concordato preventivo biennale per chi ha debiti con il fisco
Il governo Meloni ha varato un concordato preventivo biennale per chi ha debiti con il fisco. Nella legge delega fiscale n. 111 del 9 agosto 2023 l’articolo 17 si rivolge ai 4,1 milioni di contribuenti per un accordo che vale per i prossimi due anni, estendibili ad altri due. Il concordato preventivo, spiega oggi il Corriere della Sera, si rivolge ai contribuenti titolari di lavoro autonomo e di reddito di impresa non superiore ai 5 milioni di euro. Si tratta di 3 milioni di lavoratori autonomi (di cui 1,3 senza regime di flat tax), 453 mila società di persone e 674 mila società di capitali. Ma per aderire non si possono avere conti in sospeso con l’Agenzia delle Entrate e un Indice Sintetico di Affidabilità fiscale (ISA) pari a 8. Questo riduce a 1 milione e 134 mila persone la platea di riferimento del concordato.
L’ISA e l’AdE
Come funziona il concordato preventivo per chi ha debiti con il fisco? Se il titolare del debito rientra nella categoria Isa di riferimento, l’Agenzia delle Entrate ricalcola l’imponibile per la tassazione del 2024 e del 2025. Si svolge poi un confronto con il contribuente con un contraddittorio semplificato. Al termine, per due anni si pagano le imposte sull’imponibile definito dall’AdE. Le condizioni sono quelle di dichiarare tutto l’imponibile per non perdere i benefici, ma con una tolleranza del 30%. In caso di adesione gli accertamenti fiscali per i due anni oggetto dell’accordo sono sospesi. A titolo di esempio, in caso di reddito imponibile dichiarato di 52 mila euro l’Agenzia può proporre un reddito imponibile di 75 mila. In questo caso, anche se la società arriverà a fatturare 100 mila euro, le imposte e i contributi verranno comunque calcolati sulla soglia di 75 mila.
I vantaggi per il contribuente
Per il contribuente i vantaggi sono chiari: pagherà in ogni caso meno del dovuto e non subirà accertamenti dall’AdE per due anni. I requisiti prevedono che le pendenze pregresse con il fisco non siano superiori a contenziosi del valore di 5 mila euro e che il contribuente abbia la qualifica di affidabilità. Questo riduce di molto la platea interessata rispetto ai 4,1 milioni di contribuenti iniziali. Ma, aggiunge il quotidiano, il patto con gli evasori può funzionare solo se c’è una minaccia credibile di controlli in caso di rifiuto del concordato. Perché così il contribuente sa con certezza che senza l’accordo sarà sottoposto a controlli. L’articolo 34 comma 2 del decreto legislativo recita: «L’Agenzia delle Entrate e il Corpo della Guardia di finanza programmano l’impiego di maggiore capacità operativa per intensificare l’attività di controllo nei confronti dei soggetti che non aderiscono al concordato preventivo biennale».
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