Ragusa, bimbo abbandonato alla nascita dovrà tornare dalla madre naturale dopo tre anni. I genitori affidatari: «È un incubo»
Se entro il 28 dicembre non vi sarà una pronuncia diversa, il piccolo “Miele” dovrà tornare dalla sua famiglia naturale dopo aver vissuto per tre anni – tutta la sua vita – con un’altra famiglia. Dalla quale arriva, oltre al ricorso contro la decisione del Tribunale per i minorenni di Catania, una petizione su Change.org, una richiesta di aiuto perché il decreto non venga eseguito «nel miglior interesse del bambino». La peculiare vicenda arriva dalla Sicilia, inizia a Ragusa e continua a Siracusa. E si intreccia con le vicende giudiziarie dei suoi genitori naturali: il padre condannato in primo grado a due anni di reclusione per abbandono di minore, la madre rinviata a giudizio in un altro processo in concorso con la stessa ipotesi di reato.
La vicenda
Il 4 novembre 2020 un neonato viene ricoverato d’urgenza all’ospedale Giovanni Paolo II di Ragusa. Ha ancora il cordone ombelicale attaccato ed è stato segnalato alle forze dell’ordine e al 118 da un commerciante che dice di averlo trovato davanti alla sua attività. Il neonato è in condizioni critiche ma si salva e viene affidato in pre adozione. A 16 giorni di vita ha già una nuova famiglia. Nelle indagini sull’abbandono di minore gli investigatori scoprono che l’uomo che ha dichiarato di aver trovato il neonato in strada è il padre naturale e il bimbo è il frutto di una relazione extraconiugale con una donna che ha altri due figli, tra i quali una ragazzina della quale è padre lo stesso uomo. La donna ha sempre affermato di non aver mai voluto abbandonare il figlio, ma di aver contattato il padre per farsi aiutare dopo aver partorito. L’uomo avrebbe appreso in quel momento della gravidanza e del parto e, questa la linea difensiva dei suo legali, in preda a uno squilibrio psichico avrebbe agito in modo irrazionale. L’uomo viene condannato a 2 anni e la donna è in attesa di giudizio. Ma nel frattempo ha fatto ricorso, chiedendo l’annullamento della dichiarazione di adottabilità del bambino. Secondo i suoi avvocati, il Tribunale dei minorenni non avrebbe verificato l’esistenza dei genitori naturali del piccolo, negando loro il diritto di «ravvedimento».
L’appello della famiglia affidataria
Dopo tre anni vissuti con la famiglia affidataria, il piccolo – soprannominato Miele per tutelarne la privacy – potrebbe dover tornare con la madre naturale, con il tribunale che autorizza «i servizi sociali ad avvalersi persino delle Forza dell’ordine per il ritiro coatto del piccolo da casa nostra, nel “pieno interesse del minore”». I genitori con cui il piccolo è cresciuto hanno presentato ricorso e hanno lanciato una petizione che in questi giorni ha superato le 22mila firme. «Miele aveva solo 16 giorni di vita quando lo abbiamo preso in braccio la prima volta, una tutina calda e un ciuccio molto grande; noi gli occhi pieni di stupore e il cuore che scoppiava di felicità. Sembrava l’inizio di una meravigliosa storia d’amore, ma presto si è tramutato nel peggiore degli incubi», scrivono per raccontare la loro vicenda, «per un decreto che abbiamo appena ricevuto Miele verrà tolto dalla nostra famiglia e “collocato” dalla madre biologica che non ha mai visto, né incontrato». Nell’appello, vengono riportate le terribili condizioni in cui è stato ritrovato alla nascita: «Subito dopo il parto è stato messo dalla madre biologica in una busta per la spesa, con il cordone ombelicale non clampato, e consegnato al padre biologico che, dopo averlo abbandonato per due lunghe ore in strada, ha inscenato il ritrovamento fino all’arrivo della polizia e dell’ambulanza. Miele è arrivato in ospedale in grave ipotermia e ipoglicemia ed ha lottato per la vita, riuscendo alla fine a sopravvivere».
Nella ricostruzione, sottolineano come siano decorsi poi i termini per la manifestazione di «segnali di interesse e riconoscimento» senza che nessuno si facesse avanti. «Pensiamo quindi di poter dare a Miele un nuovo futuro, ma invece, per una catena di assurdi errori giudiziari, la corte d’appello di Catania revoca lo stato di adottabilità», scrivono con rabbia, «increduli e sconvolti davanti a questa violazione di legge, oggi – dopo 3 anni di vita con la sua mamma e il suo papà – Miele rischia di essere “riconsegnato” alla donna che lo ha partorito e che è ancora sotto processo penale per concorso in abbandono di minore». Pe rpoi concludere, appellandosi anche alla Commissione Onu per i diritti del fanciullo per evitare che il piccolo subisca un secondo abbandono: «Immaginate un bambino – che ha già subito un rifiuto in grembo e un abbandono cruento alla nascita – essere costretto a lasciare, dall’oggi al domani, tutte le sue certezze, il suo mondo, le braccia sicure e il calore di mamma papà, gli unici affetti che abbia conosciuto, per essere inserito forzatamente in un contesto in cui tutto è estraneo compresa la persona che dovrebbe iniziare a chiamare “mamma”… Immaginate per un attimo il dolore nel cuore di un bambino così piccolo, il senso di smarrimento, la disperazione nel cercare i genitori e non trovarli più. Non c’è nulla in questa storia che sia nel miglior interesse del bambino».
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