L’inventore del cubo di Rubik: «Anche io ci ho messo un mese per risolverlo, ci sono 43 quintilioni di possibilità»
Ernő Rubik è l’inventore del Cubo di Rubik.Designer, inventore e architetto di cittadinanza ungherese, ha 79 anni e la nascita del suo gioco risale al 1973. Dopo la diffusione nei circoli scientifici, il boom arriva negli Anni Ottanta, quando diventa uno dei giochi più popolari del mondo. Rubik è a Milano per “Entra in gioco”, la manifestazione al Superstudio Maxi. Il Rubik’s finora ha venduto mezzo miliardo di esemplari. Oggi, 18 novembre, alle 16,30 firmerà i Cubi e parteciperà a un dibattito con Francesco Lancia e Luca Fois. In un’intervista a la Repubblica Rubik racconta la nascita del gioco. Partendo dalla Rivoluzione Ungherese del 1956. Di cui ha «ricordi vivissimi».
La soddisfazione
«Abitavo proprio a Budapest, e in centro. Avevo 12 anni e non posso dimenticare i carri armati sovietici che giravano nella zona del Parlamento, e i miei connazionali che li combattevano in modo fiero e disperato». Qualche anno dopo andò all’università: «Mi laureai in Architettura e divenni assistente. E lì inventai il Cubo». Lo fece nel suo tempo libero: «Mi pareva un buon modo per dimostrare in modo pratico ai miei studenti la rotazione su un asse. Ma ci misi tanto: tentavo, sbagliavo, ritentavo, e ogni errore mi faceva capire qualcosa mi avvicinava sempre più alla soluzione. Che arrivò nella primavera dell’anno seguente», dice a Luca Bolognini. Ci ha messo un mese, fa sapere oggi. «Ma non può immaginare la soddisfazione», aggiunge.
L’appeal universale
Rubik ammette che a un certo punto ha pensato che il gioco fosse irrisolvibile: «Mi è venuto in mente che le difficoltà di dare a ogni faccia un colore solo fossero anche maggiori dell’inventarlo. Invece è solo questione di trovare la strada di casa». Poi la commercializzazione e il successo. Del quale è stato sorpreso «poco, ma per il banale motivo che ero troppo impegnato a non farmi travolgere». Per Rubik il Cubo «ha un appeal universale: non ha barriere di lingua e cultura, non servono manuali di istruzioni, lo scopo del gioco è chiaro appena lo prendi in mano, non ci sono limiti di età, genere, religione, cultura. Richiama temi universali come la curiosità, la capacità di risolvere problemi, la perseveranza, la gioia di ottenere un risultato finale».
43 quintilioni di possibilità
Perché in questo gioco «non ci sono avversari da battere o compagni di squadra da aiutare. Sei solo, immerso in un piccolo universo di 43 quintilioni di possibilità (un quintilione è 1 seguito da 30 zeri, ndr). Che però non lo fanno sentire colpevole nei confronti dei giovani che ci provano: «Ma proprio per nulla. Spero solo che trovare la strada giusta per risolvere il mio Cubo li abbia gratificati e ispirati».
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