C’è una folla in fila alla mostra su Tolkien e le sue opere che sfida gli anatemi del sempre vivo razzismo intellò
Entrare alla mostra «Tolkien. Uomo, Professore, Autore» aperta alla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma il 16 novembre (fino al prossimo 11 febbraio 2024) è stata un’impresa. L’ingresso è quello della Galleria, e non manca la fila pure lì. Non basta però disperdersi fra gli ampi saloni della esposizione permanente, perché si riconosce proprio dalla folla la prima sala della temporanea dedicata all’inventore del Signore degli Anelli.
La ressa nella Galleria Nazionale
Non essendo un fan della saga e non amando la calca domenica 19 novembre ero sul punto di gettare la spugna: nella prima sala bisognava mettersi in coda per avvicinarsi alle teche con gli appunti manoscritti. Nella seconda altra baraonda. E poi ressa davanti alla scrivania di Tolkien con alle spalle il filmato di una sua vecchia intervista. Saltando di sala in sala ne ho trovata miracolosamente una in cui con pochi minuti di attesa mi sono trovato i dattiloscritti con cui gli editori italiani degli anni Sessanta rifiutavano l’acquisto dei diritti di pubblicazione della trilogia dell’anello.
La Mondadori rifiutò Il Signore degli Anelli: non venderà
Ecco Elio Vittorini e il suo appunto per la Mondadori: «Inclinerei a scartare: ma possiamo eventualmente provarci ad acquistare un solo volume come gli editori ci propongono». E la piccola apertura cassata da Vittorio Sereni: «Ma quando lo faremmo? Se ci fosse tempo per farlo chiederei un’altra lettura. Ma la conclusione mi sembra già un NO ed escluderei la possibilità di arrischiare un esperimento». Drastico giudizio di Attilio Landi: «Fabbrica una fiaba artificiale (…) Prolungare per 1.200 pagine la narrazione (…) diventa quindi in mancanza di un filone genuino cui attingere, operazione forzata, non originale, con esiti banali e farraginosi (…) Men che mai giudicherei questa opera adatta non dico agli adulti italiani ma neppure ai loro figli e nipoti».
Lo sfottò degli opinionisti tv: mostra solo per la Meloni
Qualche giorno fa ho sentito in una delle tante trasmissioni tv che amano polemizzare destra contro sinistra sulla qualunque una giornalista di uno dei fronti indignarsi sulla stessa idea di portare una mostra così alla Galleria Nazionale di Roma, definendola «la cameretta da adolescente della presidente del Consiglio, di Giorgia e Arianna Meloni, trasferita in un luogo di cultura». La collega ammetteva di non avere visto la mostra, come forse all’epoca non avevano letto manco un capitolo della trilogia di Tolkien né Vittorini né Sereni. Che fecero perdere a Mondadori così uno degli affari letterari del secolo scorso, destinato a produrre utili chissà fino a quando.
Cosa c’è da vedere in quei saloni
La folla da una parte e dall’altra il pregiudizio ideologico intellò ancora una volta dopo tanti decenni in scena. Una buona ragione per pazientare, aspettare il proprio turno e anche guardare quelle fila disciplinate pronte a gustarsi qualche ritaglio d’epoca, tutte le copertine delle mille edizioni internazionali del Signore degli Anelli o dello Hobbit, le tavole di qualche disegno che le ha illustrate, i pannelli con i giudizi dei personaggi che hanno fatto la storia del mondo affascinati da Sam e Frodo o da Aragorn e Gandalf, le foto d’epoca, i costumi di scena del film e tanto altro in esposizione.
I Beatles avrebbero voluto fare quel film
Anche a non essere militante tolkeniano, lo spettacolo è stato più che la mostra osservare la moltitudine che vedeva la mostra. Donne e uomini di tutte le età. Ragazzi e ragazze, ragazzini e perfino un bambino che faceva da Cicerone ai suoi amici. Gente che a vederla c’entrava poco e sicuramente nulla con la cameretta della Meloni. A bocca aperta a leggere Paul Mc Cartney che raccontava: «John Lennon voleva che acquistassimo i diritti cinematografici del Signore degli Anelli. Fu una sua idea». E Ringo Starr che spiegava: «Un ruolo che mi piacerebbe interpretare sul serio, è nel Signore degli Anelli, sai, i libri di Tolkien. Noi, i Beatles, volevamo fare quel film, ma qualcun altro ha ottenuto i diritti. Mi piacerebbe ancora interpretare la parte di Sam, che è l’amico di Frodo. Ehi, chiunque abbia prodotto Il Signore degli Anelli, stai ascoltando? Mi piacerebbe interpretare quella parte. Se qualcuno ci sta pensando, per favore fatemelo sapere!».
Il popolo di Tolkien e il razzismo intellò
Eccolo, il popolo di Tolkien che sfila beffando il razzismo intellò. Questo ultimo pronto ad alzare le barricate ideologiche contro un’opera non utile alla causa, politicamente scolorata e perfino in grado di distrarre la mente e mettere in moto l’inutile fantasia allora come ora (più o meno le vere ragioni del clamoroso no al Signore degli Anelli da parte dei signori della cultura negli anni Sessanta). Intellettuali traboccanti di ideologia oscurantista ed ora come allora incapaci di capire la passione che porta ogni anno come in un pellegrinaggio i fan dell’anello a St. Giles, alle porte di Oxford, davanti a The Eagle and the Child, il pub delle lunghe alcoliche discussioni fra Tolkien e l’amico Clive Steples Lewis, autore delle Cronache di Narnia.
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