Sanremo, il vigile “in mutande” reintegrato dopo il licenziamento si dimette
Il suo ritorno al lavoro era previsto per il prossimo 1 dicembre ma pare proprio che Alberto Muraglia la divisa non voglia indossarla più. E se c’è chi ipotizza che la decisione sia motivata a tutti gli arretrati che gli spettano, è lo stesso ex vigile a spiegare: l’ulteriore ricorso in Cassazione del Comune dimostra che il datore di lavoro non ha intenzione di accoglierlo a braccia aperte, come invece sperava, e quindi non ci sono le condizioni per un rapporto sereno ed equilibrato. Tanto vale dimettersi. Si conclude così, per ora, la vicende dell’ex vigile che nel 2015 fu pizzicato dalle telecamere mentre timbrava i cartellino in mutande. Muraglia era finito a processo a seguito dell’operazione Stachanov della Guardia di Finanza sul presunto assenteismo dei dipendenti del Comune di Sanremo e meno di un mese fa, il 28 ottobre, la Corte d’Appello di Genova aveva annullato il provvedimento di licenziamento disciplinare nei suoi confronti emesso nel 2016. Il vigile veniva così reintegrato. Ora però il Comune di Sanremo ha annunciato ricorso in Cassazione, una mossa che avrebbe spinto Muraglia, che nel frattempo gestisce le piccole manutenzioni di nove amministratori e quasi 500 condomini, a desistere dal rientro in servizio.
«Avrei indossato la divisa con orgoglio»
È la Repubblica a pubblicare uno stralcio della lettera con la quale il dipendente comunali annuncia le dimissioni. «Reindossare l’uniforme di Polizia Municipale sarebbe stato per me un motivo di orgoglio e una evidente soddisfazione personale», scrive Muraglia nella nota condivisa dai legali Alberto Luigi Zoboli di Genova e Alessandro Moroni di Sanremo, «dopo tanti anni di battaglie in tribunale e aver vinto tutti i gradi di giudizio, dopo le sofferenze psicologiche e le pressioni mediatiche subite in questi otto anni, speravo che il mio “datore di lavoro” potesse riaccogliermi a braccia aperte facendo un gesto di onestà intellettuale e mi auguravo che ci risparmiasse un altro grande spreco di soldi pubblici – il ricorso in Cassazione, ndr». Per questo, «dovrò invece affrontare ancora i tempi e i costi per un ricorso in cassazione, ma soprattutto la notizia mi fa capire che le braccia non sono cosi aperte come qualcuno recentemente ha dichiarato. Sono sempre stato e sono fiducioso nella giustizia e quindi non mi preoccupa ma a questo punto la decisione irrevocabile di rassegnare le dimissioni mi sembra la più opportuna: riallacciare un rapporto di lavoro non equilibrato e sereno per via del contenzioso legale non avrebbe nessun senso». Repubblica ricorda quindi come a Muraglia spettino ora stipendi e contributi arretrati degli ultimi otto anni e, in base alla legge Brunetta, circa un anno di mensilità.