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Filippo Turetta, il giudizio della grafologa Cordella: «Grafia pendente e stretta di chi cerca l’altro in modo possessivo»

La grafologa forense, iscritta proprio nel foro di Venezia: «Mancano le luci negli ovali e gli slanci nelle lettere»

«La firma di Filippo Turetta non è respiro, nella sua strettezza generale. E’ apnea». Il giudizio professionale sull’autografo dell’assassino di Giulia Cecchettin viene da una perita grafologa professionista: Sara Cordella, grafologa forense, specializzata in grafologia criminologica, iscritta all’albo dei periti del Tribunale di Venezia e docente. Sulla base del recente documento rintracciato da Open, che reca la firma di Turetta, Cordella – che negli ultimi anni ha lavorato a vari casi collegati a violenze, ad esempio sui disegni della bambina uccisa a Caivano, Fortunata Loffredo – ha fato la sua prima valutazione: «Le lettere, appoggiate una all’altra, si sostengono per inerzia, diventando un corpo unico fatto di scatti inclinati a destra. E’ la grafia pendente che è la grafia di chi cerca l’altro», spiega ad Open.

Ma c’è un altro particolare che fa capire meglio: «È una scrittura inclinata a destra», spiega la grafologa forense, «ma con lettere strette. Così diventa una sindrome: quella di chi cerca l’altro solo al fine di inglobarlo a sé. La sindrome di chi soffre di bulimia affettiva, come se di amore, di affetto, di attenzioni non ci si potesse mai sfamare a sufficienza, come se ci si dovesse riempire fino al vomito, per poi ricominciare. La sindrome di una gelosia che è talmente assoluta e assolutoria, da sfociare in invidia, in una palla di gomma che più cerchi di affondare e più viene a galla».

Secondo Cordella quella di Turetta «più di tutto è una firma senza ombra, perché è priva di quei chiaroscuri che danno profondità, colore, calore all’essere umano. Mancano le luci negli ovali, mancano anche tutti quegli slanci nelle lettere che portano a correre verso l’altro e verso la propria felicità e i propri obiettivi». Ma è anche «una firma senza sentimento». Infatti per la grafologa forense «il sentimento è il sentire l’altro, il sentire sulla propria pelle le emozioni, la gioia, la sofferenza dell’altro. Sentimento e intelligenza sono fratelli siamesi, alimentati da uno stesso polmone. Non respira uno, smette di respirare anche l’altro. Scompare il sentimento, scompare l’intelligenza».

Il giudizio finale dell’expertise forense è chiaro: «Filippo Turetta è un essere umano ma senza respiro e senza ombra che non può non aver pensato che quel respiro, quell’ombra, quella luce che aveva visto negli occhi di Giulia andavano spenti per sempre». Sara Cordella spiega poi ad Open quanto l’ombra di una firma sia fondamentale per capire la personalità di chi scrive: «l’ombra è prodotta dalla luce e ogni lettera deve contenere al suo interno quella luce che permette, come l’obiettivo di una macchina fotografica, di mettere a fuoco persone, oggetti, dettagli». Importante per la grafia anche quello che tecnicamente viene definito «il respiro”, con termine derivato dalla filosofia di Sofocle. «Ogni lettera», aggiunge la grafologa, «deve trovare il proprio spazio di movimento, deve respirare grazie a quelle larghezze che tengono legate ma separate le singole lettere. E deve inspirare grazie a quel bianco che separa una parola dall’altra, quel bianco che ci aiuta nel tempo del passaggio dal pensiero all’azione».

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