Suicidio Agrigento, parla la figlia dell’imprenditore che si è tolto la vita dopo il flop del festival: «Vittima dell’odio social»
Alberto Re era tra gli organizzatori della 43esima edizione del «Paladino d’Oro – Sport film festival», manifestazione culturale di Agrigento. Dopo che il teatro Pirandello, nel giorno dell’inaugurazione, è rimasto vuoto, l’imprenditore è stato travolto dalle critiche sui social. Potrebbe essere questo uno dei motivi per cui si è suicidato con un colpo di pistola. Ne è convinta la figlia, Natalia Re: «Mio padre è stato vittima dell’odio in rete, di tutto quanto combatto da sempre con il mio movimento. Si è tolto la vita per ciò che è stato scritto sui social e mi devasta il fatto di averlo coinvolto in questo festival che voleva essere un’occasione per far crescere Agrigento e per mandare un messaggio etico. Ora è solo dolore, un dolore che non so descrivere». Natalia Re è la fondatrice del Movimento italiano per la gentilezza, in prima linea nelle campagne di responsabilità sociale e per la parità di genere. In un’intervista a la Repubblica, fa trasparire l’amarezza per quanto successo a suo padre. E afferma: «Siamo tutti a rischio, gli attacchi feroci in rete e sui social possono devastare anche i nativi digitali. Non abbiamo sufficienti anticorpi all’odio, anche perché è una valanga che diventa sempre più grande, che ti travolge su cui non puoi far nulla. Fino a quando non ti capita in prima persona, non comprendi la forza dirompente dell’odio in rete. È in grado di distruggerti, una macchia di cui rimane traccia per sempre».
La violenza in rete
Natalia Re ricorda suo padre come un uomo rispettoso, di sani principi, «che non ha retto l’umiliazione subita sui social». L’uomo non avrebbe «compreso» la reale consistenza delle invettive tipiche degli odiatori da tastiera. «E non era uno sprovveduto, ha subito attacchi molto più seri quando organizzò i mondiali di ciclismo in Sicilia. Forse era più giovane e resiliente». Nell’organizzazione del festival, Alberto Re non ricopriva ruoli di responsabilità e non percepiva compensi, ma «si è preso la colpa per i problemi di comunicazione dell’evento, ben sapendo che non erano sue. Non amava infingimenti, ha fatto del garbo il suo stile di vita». La figlia si sofferma su un aspetto in particolare di quanto accadutogli. La violenza in rete. «È un mondo che non conosceva, un linguaggio che non sapeva decifrare. La ferocia degli hater lo ha sconvolto, probabilmente l’ha letta con la lente di un uomo non digitale, dando troppo peso alle parole che leggeva sul video. Del resto, nella sua vita ha sempre misurato ogni frase, era sempre consapevole di quanto diceva e delle conseguenze delle sue parole. Dev’essere stato uno shock leggere anche solo le velate insinuazioni sulla scorrettezza del suo operato».
Possibile istigazione al suicidio
Adesso la procura svolgerà le indagini sulla possibile istigazione al suicidio. La famiglia ha dato mandato a due avvocati di seguire il fascicolo. Il festival, intanto, continuerà. «Mio padre ha accettato di collaborare con gli organizzatori del festival per dare il suo contributo a elevare il dibattito culturale della sua amata Agrigento. Nel 2025 la città di Pirandello sarà capitale della Cultura e voleva che il festival del cinema sportivo fosse uno degli appuntamenti. Ha coinvolto le scuole, portato nella Valle dei Templi più di 40 registi da tutto il mondo. Sarà un successo. Chi lo ha attaccato dopo il primo giorno non gli ha concesso di dimostrarlo, sui social viaggiano sentenze di condanna senza nemmeno il capo di imputazione. Ogni minuto mi chiedo perché si sono scaraventati contro di lui con tale veemenza», conclude Natalia Re.