Il premio Nobel Parisi, Ipazia e il patriarcato: «Sopravvive ancora oggi nei femminicidi»
Secondo lo scienziato Giorgio Parisi l’assassinio di Ipazia «è l’esempio di una mentalità patriarcale che sopravvive ancora oggi». E la prova si trova «nei tanti femminicidi». Il premio Nobel per la fisica parla del convegno dell’Accademia dei Lincei dedicato alla «collega» vissuta ad Alessandria d’Egitto tra il V e il IV secolo dopo Cristo. Ipazia insegnava matematica e fu fatta a pezzi da una folla di cristiani. Perché, spiega Parisi in un’intervista a Repubblica, «era una donna che non stava al suo posto: aveva una vita pubblica, insegnava e non temeva di prendere posizione. Poi perché la sua morte dimostra che anche la scienza può essere uccisa: non dobbiamo mai dare per scontato che il suo sviluppo sia inarrestabile. Infine perché ci racconta come i cristiani, una volta preso il potere, da perseguitati si siano velocemente trasformati in persecutori».
La scienza, le donne, i femminicidi
Parisi dice che alla manifestazione del 25 novembre «ci è andata mia figlia con il suo bambino. È rimasto molto colpito. Alla fine ha domandato “Ma senza donne non ci sarebbero mamme. E senza mamme come farebbero i bambini?”». Secondo lo scienziato un matematico uomo non avrebbe fatto la fine di Ipazia: «Il modo in cui lei si poneva era scandaloso. All’epoca le donne non potevano insegnare agli uomini». Anche oggi però nel suo campo le donne hanno difficoltà: «Però le cose stanno cambiando. Le posizioni di vertice di oggi riflettono uno squilibrio che viene dal passato. Quando Rita Levi Montalcini andava ai convegni, negli anni ’50, si sentiva domandare di chi fosse la moglie. E rispondeva: sono la moglie di me stessa. Oggi guardando ai giovani, cioè ai docenti di domani, troviamo molte più scienziate rispetto a ieri. Il mio campo, la fisica teorica, è rimasto a lungo senza rappresentanza femminile. Poi, dagli anni ’90, le prime ragazze mi hanno chiesto la tesi. La situazione sta migliorando, e lo vedremo sempre più nei prossimi anni».
Le scienziate e le carriere
Ma un problema rimane in ballo: «La carriera delle scienziate procede bene fino ai trent’anni circa. A quel punto si notano molti abbandoni. È il momento in cui bisogna stabilizzarsi, si torna dall’estero, si sceglie una sede definitiva. Lì, evidentemente, la carriera delle donne viene sacrificata a quella dei mariti o dei compagni. La mancanza di servizi pubblici come gli asili nido non aiuta. E la politica non dà il buon esempio. Mi hanno spiegato che le donne sono inserite nelle liste elettorali, ma in più collegi insieme. E una volta elette, lasciano il posto agli uomini. Oggi ci stupiamo di avere un primo ministro donna proprio perché è un’eccezione», dice nel colloquio con Elena Dusi.
Il paragone
Tra i tempi di Ipazia e quelli di oggi secondo Parisi ci sono molte similitudini: «Con Ipazia siamo nella fase di passaggio dal paganesimo al cristianesimo. Il sapere antico e le biblioteche stanno per scomparire. Già i romani avevano ereditato le tecnologie dei greci senza più capire il pensiero che le aveva create. Ci sono, sì, similitudini con l’oggi. Anche noi a volte ci affidiamo alla tecnologia dimenticandoci della scienza che l’ha generata. Di questo passo, trascurando ad esempio l’insegnamento delle scienze a scuola, finiremmo su un sentiero pericoloso. L’esempio più eclatante è l’America di Trump che non sopporta gli scienziati, li considera un’élite pericolosa. Senza il sostegno della scienza, il progresso tecnologico può forse proseguire per un po’. Ma poi è destinato inesorabilmente a fermarsi».
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