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Così vive una persona con Hiv nel 2023: il racconto fotografico di Giovanni Pigliapochi – Il video

01 Dicembre 2023 - 17:35 Alessandra Mancini
«Sono felice della mia vita, ma perché posso vivere così anche grazie e attraverso una pillola», racconta il fotografo a Open

Un progetto fotografico per rielaborare il trauma, depotenziare lo stigma legato all’Hiv. Giovanni Pigliapochi ha 34 anni, vive a Milano, nel 2019 scopre di essere sieropositivo. «La mia fortuna/sfortuna – racconta a Open – è di essermene accorto dopo due settimane dal contagio». L’arrivo di una febbre altissima, la perdita di oltre 10 chili in pochi giorni, i muscoli indeboliti. Tutti sintomi che confermano la diagnosi, che arriverà di lì a poco. Nel 2023 dovrebbe essere ormai chiaro a tutti: di Hiv non si muore. Con i farmaci antiretrovirali che impediscono al virus di moltiplicarsi l’aspettativa di vita è uguale a quella di una persona Hiv negativa. U=U sintetizza questa rivoluzione, Undetectable equals Untransmittable, non rilevabile è uguale a non trasmissibile. Giovanni inizia la terapia: «Sono felice della mia vita, ma perché posso vivere così anche grazie e attraverso una pillola», compagna della sua quotidianità. 

Durante un corso di fotografia, che lo ha portato ad esporre le sue opere in alcune mostre, la sua professoressa lo mette di fronte al concetto di «Necessario». In quel momento il pensiero ricade lì: alla terapia, alla pillola posta sul comodino di casa. «Indispensabile», dice. Da quell’idea nasce U=U, un racconto (e percorso) fotografico, una rappresentazione che rende visibile l’infezione. La mette a nudo e nel farlo «mette a nudo» il suo ideatore. Perché, come racconta Giovanni, «le persone con Hiv sono un po’ nascoste», spiega. All’inizio per quanto volesse parlarne sentiva «l’auto-giudizio, continuavo a ripetermi: “Beh’ vabbè però un po’ te la sei cercata». C’è in parte nelle persone con Hiv, un senso di colpa interiorizzato, alimentato da stigma, pregiudizi e giudizi, ma anche un «senso di paura, di vergogna». Il fatto che sia un’infezione che negli anni passata abbia ucciso centinaia di migliaia di uomini e donne fa guardare le persone con Hiv come «vicine alla morte». Non è così «se si segue la terapia – continua – la qualità della vita rimane uguale a quella a cui eri destinato». C’è un mito da sfatare, forse due: il «morirai» e pure il «attento che mi contagi». Ma non solo: «L’Hiv racchiude in sé anche lo stigma relativo agli omosessuali, condannati prima o poi a beccarlo». Giovanni tiene a precisare che il suo punto di vista è però quello di «uomo, bianco, privilegiato, con la possibilità di accedere alla sanità pubblica e a un percorso psicoterapico». Eppure, il suo “piccolo” passo per destigmatizzare l’Hiv è «esserci e raccontare quello che è». 

U=U | Giovanni Pigliapochi
U=U | Giovanni Pigliapochi
U=U | Giovanni Pigliapochi
U=U | Giovanni Pigliapochi

Foto copertina: U=U | Giovanni Pigliapochi

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