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Vecchia, senza figli, impaurita da tutto: l’Italia del 2050 (e di oggi) secondo il Censis – Il rapporto

01 Dicembre 2023 - 13:19 Redazione
Otto italiani su dieci sono convinti che il Paese sia in declino. Clima, migrazioni e guerre contribuiscono a rafforzare lo scenario di «ipertrofia emotiva». Ecco i dati

Immaginate un’Italia senza Roma e Milano. Nel 2050 sarà realtà. Non letteralmente, ma in termini di equivalente demografico. Entro tale data infatti l’Italia avrà perso complessivamente 4,5 milioni di residenti. Lo accerta il Rapporto annuale del Censis pubblicato oggi, 1° dicembre 2023. Che rispetto a questa ed altre minacce sulla tenuta del Paese definisce gli italiani come «sonnambuli». Altrimenti detto, «ciechi dinanzi ai presagi», considerato che «alcuni processi economici e sociali largamente prevedibili nei loro effetti sembrano rimossi dall’agenda collettiva del Paese, o sono comunque sottovalutati. Benché il loro impatto sarà dirompente per la tenuta del sistema, l’insipienza di fronte ai cupi presagi si traduce in una colpevole irresolutezza». Il primo dei presagi oscuri è appunto il calo demografico. Per non chiamarlo collasso. Quei 4,5 milioni di residenti in meno, secondo il Censis, saranno il risultato della diminuzione di 9,1 milioni di persone con meno di 65 anni e dell’aumento di 4,6 milioni di persone con 65 anni e oltre. Sul piano produttivo, significa quasi 8 milioni di persone in età attiva in meno nel 2050. Ad incidere su questa flessione sarà la continuazione della fuga di giovani verso l’estero, ma anche la sempre minor propensione a fare figli di quelli che rimangono, prevede il Censis, scondo cui le coppie con figli diminuiranno fino a rappresentare appena un quarto del totale. Molte di più saranno invece le famiglie composte da una sola persona (il 37%, pari a 9,7 milioni di persone). Di queste, quelle costituite da anziani diventeranno quasi il 60% (5,6 milioni). Conclusione: «Gli anziani di domani saranno sempre più senza figli e sempre più soli».

Catalogo delle paure

Sonnambuli, dunque. Non solo i leader politici, ma i cittadini stessi, in maggioranza quanto meno, di fronte ai presagi. Anche perché piegati da un mix letale di rassegnazione e paura. Per una lunga serie di minacce. L’84,0% degli italiani è impaurito dal clima «impazzito», il 73,4% teme che i problemi strutturali irrisolti del nostro Paese provocheranno nei prossimi anni una crisi economica e sociale molto grave con povertà diffusa e violenza, mentre per il 73,0% gli sconvolgimenti globali sottoporranno l’Italia alla pressione di flussi migratori sempre più intensi e ingestibili. Altre angosce bussano alla porta dal mondo là fuori: il 59,9% degli italiani teme che scoppierà una guerra mondiale che coinvolgerà anche il Belpaese, per il 59,2% il nostro Paese non è in grado di proteggersi da attacchi terroristici di stampo jihadista, per un cittadino su due l’Italia non sarebbe capace di difendersi militarmente se aggredita da un Paese nemico. E neppure dagli speculatori sui mercati: oltre metà degli italiani teme che il debito pubblico finirà per provocare il collasso finanziario dello Stato. Ma anche senza arrivare a tanto, la sostenibilità dei conti è questione ben presente ai cittadini. Il 73,8% degli italiani ha paura che negli anni a venire non ci sarà un numero sufficiente di lavoratori per pagare le pensioni e il 69,2% pensa che non tutti potranno curarsi, perché la sanità pubblica non riuscirà a garantire prestazioni adeguate. Infine, e nel complesso, l’80,1% (l’84,1% tra i giovani) è convinto che l’Italia sia irrimediabilmente in declino. «Ipertrofia emotiva», la chiama il Censis – ossia quello stato in cui in ogni momento le argomentazioni ragionevoli «possono essere capovolte da continue scosse emozionali. Tutto è emergenza: quindi, nessuna lo è veramente».

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