L’addio di Eleonora Evi ai Verdi: «Vi spiego il patriarcato e il bullismo nel partito di Bonelli»
L’addio di Eleonora Evi ai Verdi arriva insieme a una polemica con Angelo Bonelli. E la deputata oggi spiega perché ha accusato il co-portavoce del partito di patriarcato e paternalismo. Mentre lui si dice dispiaciuto e respinge l’accusa come «assolutamente falsa», l’eletta racconta gli episodi che l’hanno portata a dare le dimissioni dal movimento pur restando, per ora, nel gruppo parlamentare. In un’intervista a La Stampa Evi accusa Bonelli di bullismo: «Sulla legge contro la carne coltivata ho seguito tutto io, dagli emendamenti alle dichiarazioni di voto, poi lui ha fatto un piccolo commento e dal partito, a livello comunicativo. È stato rilanciato solo quello. Una costante differenza di trattamento tra noi, a dispetto di quella che è la tradizione dei Verdi europei sulla co-leadership».
Gli episodi
Nel comunicato con cui annunciava l’addio Evi parlava anche di pinkwashing. A Niccolò Carratelli la deputata spiega che nel partito è tutto accentrato su Bonelli. Dice che ha annunciato l’addio perché ieri scadeva il termine per rinnovare la tessera e lei non lo ha fatto: «Resto nel gruppo parlamentare come indipendente, perché continuo a condividere le battaglie politiche. Ma ero da tempo in sofferenza. Sono stata oscurata mediaticamente e messa in un angolo solo per aver espresso opinioni non allineate su varie questioni. Accolte a volte con fastidio, altre con paternalistica e vuota condiscendenza». Per lei «il patriarcato esiste anche nella politica e non ha colore, è sia a destra che a sinistra. Quando ho segnalato le discriminazioni la risposta è stata il silenzio. Bonelli e gli altri dirigenti hanno fatto spallucce. Mentre alcune colleghe hanno firmato un documento in cui mi attaccano».
La bella statuina di Angelo
La cosa, dice, non la sorprende: «Eppure anche la co-portavoce del Lazio Chiara Saraceno ha lasciato». Risponde anche all’accusa di essere stata candidata in tre collegi pur di essere eletta: «Ma “l’abbiamo” chi? Perché io ero co-portavoce quanto lui, quindi sta ammettendo che le decisioni le prendeva lui. Tra l’altro, l’unico collegio uninominale blindato per i Verdi, dove si veniva eletti anche non superando la soglia di sbarramento, lo ha avuto Bonelli». Mentre lei, aggiunge in un colloquio con il Corriere della Sera, non farà «la bella statuina di Angelo». E ricorda un altro episodio di discriminazione: «Qualche tempo fa è stato diffuso sui social un post di Europa verde in cui si sottolineava come Bonelli fosse il leader più presente in Parlamento. In realtà la leader più presente ero io. Insomma, si è voluto ancora una volta dare più spazio ad Angelo. Quando l’ho fatto notare, è stato fatto un nuovo post con le foto di entrambi e con la scritta “I leader più presenti”. Ma come funziona? Se il leader più presente è un uomo merita un post tutto per sé, se invece si tratta di una donna, nel post dobbiamo essere per forza in due?».
La democrazia interna nel partito
Infine Evi dice a Maria Teresa Meli che ci sono anche problemi di democrazia interna nel partito: «Alle amministrative di Brescia si è calpestata la volontà del gruppo locale che aveva deciso di correre autonomamente. Ma siccome questa decisione non piaceva ad Angelo si è proceduto con un commissariamento. L’ennesimo. Io mi sono schierata con il gruppo locale perché il nostro statuto mette al centro il tema dell’autonomia dei territori. Quindi ritenevo che, essendo stata decisa democraticamente dal gruppo locale l’opzione di correre da soli, fosse possibile per il territorio avere la libertà di agire. Ho manifestato la mia posizione, ma sono stata isolata. Se la mia posizione differente ha come conseguenza quella di oscurare completamente il mio ruolo di co-portavoce significa che Europa verde ha un problema».
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