Le etichette del vino rimangono uguali (per ora): la proroga di Lollobrigida e il problema di quelle da esportazione
Il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, ha firmato il decreto che posticipa l’applicazione della norma europea sul cambio di etichettatura del vino. Così facendo, permette di utilizzare ed esaurire le etichette già presenti nei magazzini. «Le etichette stampate e già utilizzate sui vini imbottigliati e sulle bottiglie immesse sul mercato non devono essere distrutte, né i vini imbottigliati devono essere rietichettati in quanto tutti i vini prodotti prima dell’8 dicembre sono esentati dalle nuove regole di etichettatura», spiega Olof Gil, portavoce per l’agricoltura della Commissione europea, in merito alle linee guida sull’etichettatura nutrizionale dei vini. La nuova norma dell’Ue – che entra in vigore l’8 dicembre – prevedeva l’inserimento sull’etichetta della parola “ingredients”, vicino al QR code che rimanda in digitale a ulteriori informazioni sul prodotto. Ma, il ministro Lollobrigida ha emanato un decreto di proroga – valido fino all’8 marzo 2024 – che consente di commercializzare i vini che riportano solo la lettera «i» e non la parola intera di «ingredients». Si tratta di una decisione che ha fatto tirare un primo sospiro di sollievo ai produttori di vino, ma che pone alcuni interrogativi.
Le etichette per l’estero
Come osserva La Stampa, il problema si pone per le etichette destinate all’esportazione estera. Ogni Paese dell’Ue ha richieste ed esigenze diverse, a partire dalla lingua da utilizzare per le informazioni. «La proroga sulle etichette per il mercato interno è una buona notizia. Ma per una denominazione come la nostra, che esporta il 90% della produzione, è ancora più importante che il ministro abbia annunciato l’intenzione di farsi interprete delle istanze delle imprese all’Agrifish», commenta il direttore del Consorzio Asti Docg, Giacomo Pondini. «È a Bruxelles, infatti, che deve essere risolto il problema delle linee guida: in gioco non c’è solo il problema di etichette destinate al macero, ma anche di una corretta interpretazione della norma da parte dei Paesi membri. E al momento non c’è», chiosa.
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