Bosio, sfregio antisemita con le stelle di David sulle case di una famiglia ebrea. «I nostri parenti sono stati deportati a Dachau. Siamo sconvolti»
«Se questa è l’etichetta che mi vogliono attribuire, beh, è la storia della mia famiglia e io ne sono orgogliosa». Marina Tarchetti racconta a La Stampa quando ha trovato una stella di David disegnata accanto al portone di casa. Tre giorni fa, a Bosio, nell’alessandrino. Il primo pensiero è andato a sua madre Giuliana: «Sono corsa a casa sua, speravo di arrivare prima che la potesse vedere. Ha 84 anni, volevo risparmiarle questa sofferenza». La stella era disegnata anche sul muro della casa dell’anziana. E ce n’era una terza, di fronte all’abitazione del fratello di Giuliana, lo zio di Marina. «Anche mio zio è anziano, non sta tanto bene. Se ne è accorta sua moglie e l’ha subito lavata via. Era sconvolta», spiega Tarchetti. Tre stelle di David, sopra le case di una famiglia ebrea, un marchio inquietante, mentre in Medio-oriente è in corso il conflitto tra Israele e Hamas. Chi le ha fatte conosce la famiglia di Marina. Le abitazioni distano qualche centinaio di metri l’una dall’altra, strade strette, non ci si passa per caso. La donna vive da trent’anni nel piccolo paese. Prima sono arrivati la mamma Giuliana e suo fratello. «I parenti di mamma e zio sono stati deportati a Dachau. Intere famiglie, con i bambini, finite nei campi di concentramento e mai più tornate», racconta. Qui a Bosio si conoscono tutti. «Vai in paese, incontri le persone e convivi con il pensiero che potrebbe essere uno di loro. È orribile», aggiunge.
I commenti social di chi parla di ragazzata
Il quotidiano torinese ricorda che il raid è avvenuto nel mercoledì di Hanukkah, una importante ricorrenza nelle festività ebraiche. Marina non è stata ferma. Ha deciso di pubblicare le foto sulla pagina Facebook del paese. Qualcuno nei commenti ha minimizzato, parlando di ragazzate. Qualcun altro invece le ha espresso solidarietà e preoccupazione. Lei per un po’ ha replicato, ma poi si è arresa all’amarezza: «Noi che l’abbiamo vissuto sappiamo cosa significa ma per tutti gli altri la storia andrebbe almeno studiata. Invece c’è tanta di quell’ignoranza».
(foto da La Stampa)
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